2017-06-25 09:00:00

A Fiumicino, festa dell'integrazione con i richiedenti asilo


Festa dell’integrazione ieri pomeriggio alla Darsena di Fiumicino, Roma, ad un anno dall’apertura del Centro di Accoglienza straordinaria “Città del sole”. A gestire la struttura che ospita una cinquantina di richiedenti asilo è la Onlus Virtus Italia. Stand frutto delle diverse attività svolte dagli ospiti stessi, un dibattito sul fenomeno migratorio e tanta musica, gli ingredienti principali della manifestazione aperta a tutta la cittadinanza per dimostrare che l’integrazione e la convivenza sono possibili. Eppure un anno fa, l’apertura del Centro non era stata facile e aveva suscitato rifiuto e proteste. Ci racconta com’è andata Fabrizio Nikzad, responsabile della struttura, al microfono di Adriana Masotti:

R. – Questa storia è iniziata l’11 luglio 2016, quando la Virtus Italia ha vinto un bando della Prefettura per un centro di accoglienza straordinaria a Fiumicino. Due giorni prima si era sparsa questa notizia dell’apertura tramite un giornale locale che fece un articolo, dando appuntamento a tutti i professionisti della protesta, agli strumentalizzatori, per il giorno dell’apertura. Quindi quando abbiamo portato i 20 ragazzi scortati dalla polizia, ci sono state scene un po’ spiacevoli, scene quasi di guerriglia urbana dove pochi residenti e tante persone non della zona avevano inscenato questa protesta. E con grande difficoltà l’11 luglio siamo riusciti a entrare nel centro. Per due-tre settimane, ovviamente, per una questione di incolumità degli ospiti abbiamo deciso di non farli uscire e per diversi mesi c’è stato il presidio dei carabinieri e della polizia sotto il nostro centro. Ma, il sabato della stessa settimana dell’inaugurazione, c’è stata una grandissima manifestazione di solidarietà nei confronti dei rifugiati – con 300-400 persone – per portare il benvenuto a questi ragazzi.

D. – Questa seconda manifestazione da chi era stata organizzata?

R. – Da un movimento spontaneo che si era creato su Facebook dal nome “Stay Human” – restiamo umani – che ha deciso di dire “no”, che Fiumicino è altro e quindi hanno voluto portare il loro benvenuto agli ospiti che dopo la lunga traversata che hanno fatto nel deserto africano, la detenzione in Libia, la traversata del Mediterraneo pensavano ormai di essere tranquilli e di non vedere scene di protesta.

D. – Poi, che cosa è successo?

R. – E’ successo che abbiamo incominciato il nostro lavoro: abbiamo intrecciato molti rapporti buoni e positivi con le associazioni, le realtà religiose, la comunità di Sant’Egidio, le associazioni sportive, di teatro, abbiamo iniziato una serie di collaborazioni e piano piano abbiamo fatto nient’altro che ripristinare la normalità, cioè quella che dovrebbe essere semplicemente la vita quotidiana, normale di ogni giorno, in cui c’è integrazione, tranquillità e convivenza civile. La collaborazione più bella, poi, è venuta anche dal Comune: bisogna dire che il Comune di Fiumicino e in particolare il sindaco ci ha messo la faccia; è venuto sia a dare l’accoglienza sia a proporre alcune questioni volte a migliorare la situazione; per quanto riguardava la sicurezza, sono stati installati i lampioni della luce e quindi paradossalmente quella via dove c’è il centro, che tanto spaventava, è la più sicura di Fiumicino. E poi c’è stato questo bellissimo protocollo d’intesa tra la Prefettura e il Comune per incominciare questi lavori socialmente utili, lavori completamente volontari che hanno visto gli ospiti fare lavori di riqualificazione del verde, di pulizia, piccole manutenzioni …

D. – Gli ospiti sono tutti richiedenti asilo, quindi in attesa di sapere se la loro richiesta verrà accolta …

R. – Esatto: sono tutti richiedenti asilo. Il nostro lavoro consiste nell’accompagnarli nel momento più importante, che è il lavoro della Commissione territoriale che riconosce o meno il loro status; sono ragazzi, ma abbiamo anche tante donne, tanti nuclei familiari, abbiamo quattro neonati nati qui a Roma-Fiumicino, nel centro, da coppie di richiedenti asilo. La maggior parte vengono dall’Africa occidentale, quindi Costa d’Avorio, Guinea, Gambia, Senegal ma anche tanti iracheni, tanti afghani, tanti nigeriani, tanti curdi e libanesi. Il centro accoglie 50 persone.

D. – E’ stato detto più volte: forse, se ogni comune accogliesse un gruppo piccolo di richiedenti asilo, il problema dell’ “invasione” non si porrebbe. Quindi, in questo caso, Fiumicino ha risposto…

R. – Sì, e ha risposto bene, anche perché è il lavoro delle associazioni, delle cooperative, di tutti gli attori sociali e civili del territorio che fa sì che il Centro d’accoglienza adesso sia parte integrante della vita sociale di Fiumicino.

D. – E stasera, che cosa vuol essere questo incontro aperto alla cittadinanza?

R. – Questa sera vogliamo semplicemente fare una festa: una festa colorata, una festa di integrazione. Ci sarà un dibattito, ci sarà lo spazio per le associazioni e ci sarà la musica per tutta la serata.








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