2017-06-26 14:23:00

Educare contro la corruzione


“Il nostro tentativo è stato non descrivere fatti di corruzione ma centrare tutto su cosa avviene nelle persone corrotte. E da qui partire per attivare una educazione”. Così il filosofo Vittorio Alberti, del Dicastero vaticano per lo Sviluppo Umano integrale, co-autore – insieme al Prefetto cardinale K.A. Turkson – del libro “Corrosione” (Rizzoli), di cui Francesco ha firmato la prefazione.

“Il Papa ha impresso un metodo profondamente antico che attraversa la storia – spiega Alberti – ed è quello della chiarezza e dell’autenticità. Questo credo che sia uno specchio di forza. La Chiesa del resto non è staccata dalla società perché è una comunità”.

Denunciare un sistema fondato sulla corruzione

Interviene ai nostri microfoni anche il gesuita Giovanni Ladiana, a lungo in Calabria, impegnato nella promozione della legalità e attualmente a Bari: “La corruzione non è solo un fatto di disonestà ma di criminalità”, sottolinea. “La ‘drangheta è diventata di fatto la padrona della nostra vita, ma queste conseguenze non sono mica chiare per tutti. La conversione non è solo ammettere di aver compiuto certi atti, ma anche ammettere di far parte di un sistema e di denunciarlo. Altrimenti non è vera conversione e si continuerà a dire che il consenso sociale arriva dagli ‘inchini’, arriva dalla Chiesa. Non è questo. Il consenso arriva dall’economia, dalla politica, dalle amministrazioni”. E ricorda quando arrivò a Reggio Calabria dove mai si è sognato che avrebbe potuto sconfiggere la mafia. “Mi sono limitato a far capire che la libertà non significa girarsi dall’altra parte ma significa obbedire alla coscienza e, come cristiano, al Vangelo. In Puglia la ‘drangheta controlla da Bari in giù. Ma la gente qui fa finta di niente. Ancora non siamo circondati ma se non circondiamo loro finiremo allo stesso modo di Reggio”.

La scomunica

Si torna sulla questione ‘scomunica per corruzione e associazione mafiosa’ che molta risonanza mediatica ha avuto nei giorni scorsi: Padre Ladiana precisa che “esistono strumenti nel Diritto Canonico per dare delle sanzioni” e Alberti sottolinea che “la scomunica non è una condanna ma una severa censura. La proposta è di dare una veste giuridica alla scomunica già pronunciata da Papa Francesco a Sibari nei confronti dei mafiosi, come Chiesa universale. Il punto importante è che bisogna sempre tener ben presente che l’obiettivo è di convertire, che l’orizzonte è proprio quello di rompere dei determinismi, dei meccanismi”.

La bellezza come antidoto concettuale contro la corruzione

“Bisogna tornare a considerare la bellezza letta come la si leggeva nel Cinquecento, in rapporto alla giustizia”, conclude Alberti. “Attraverso l’espansione della ricerca che la grande bellezza provoca ci si può educare contro l’oppressione generata dalla corruzione. Ci si augura che nel proseguimento dei lavori del gruppo interdisciplinare e internazionale che si sta occupando di corruzione, si possa impiegare in modo sistematico la bellezza, intesa come frutto di ogni forma di creatività umana, come ulteriore arma contro la corruzione”. 








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