Alla luce della “nuova ondata di violenze che dilaga nel Paese” i vescovi della Repubblica Centrafricana hanno rivolto un messaggio “alle donne e agli uomini di buona volontà”, in cui affrontano il tema della “violenza che si propaga”, “come l’effetto di un incendio che si diffonde”.
Continuano gli scontri nonostante l’accordo raggiunto il 19 giugno
Nonostante il nuovo accordo di pace fra il Governo di Bangui e diversi gruppi politico-militari
attivi nel Paese, non si fermano infatti gli scontri che nelle ultime settimane hanno
causato oltre cento vittime, in una guerra civile che dura ormai da quattro anni.
Morti “innocenti e indifesi, soldati della Minusca uccisi nell’esercizio della loro
missione, membri dei gruppi armati, sono tutti nostre sorelle e nostri fratelli”,
scrivono i vescovi in una lettera pastorale diffusa nei giorni scorsi e ripresa dall’agenzia
Sir. Anche Caino e Abele erano “nati da una stessa famiglia e cresciuti insieme, esposti
ed educati agli stessi valori familiari”, eppure tutto ciò “non li ha risparmiati
dalla violenza”.
La collaborazione strada maestra per un vero dialogo
“Abbiamo ancora vie di uscita dalla violenza?”, chiedono quindi i vescovi centrafricani.
“Come possiamo curare il cuore orientato verso il male? Come assumerci le nostre responsabilità
di fronte ai crimini e alle distruzioni? Come costruire insieme una società in cui
nessuno soffra per colpa dell’altro?”. Secondo i presuli, “le urla del sangue versato
delle nostre sorelle e dei nostri fratelli salgono a Dio” e da Lui arriva l’invito
a cambiare “sguardo e comportamento e alla responsabilità nei confronti delle nostre
azioni” perché “l’accoglienza e la collaborazione sono la strada maestra per un vero
dialogo e per una riconciliazione sincera”.
Rivoltante assistere a massacri di civili che restano impuniti
La lettera pastorale pubblicata durante l’assemblea plenaria, conclusa il 25 giugno
a Kaga-Bandoro, definisce “doloroso, frustrante e addirittura rivoltante” assistere
a massacri impuniti di innocenti. I vescovi sono convinti che “l’odio e lo spirito
di vendetta non siano una spirale infinita di violenza”, purché si compia “lo sforzo
di stima vicendevole e di guardarci come dei prossimi”. Per superare “le differenze
religiose, politiche e sociali, la mancanza di sincerità di diversi attori sociopolitici,
il senso di vendetta e di rivolta che si amplifica di fronte alla violenza e alle
ingiustizie”, sottolineano , occorre “disarmare i cuori e smettere di essere strumenti
di morte”, “superare la paura dell’altro, i sospetti e le dicerie per dare una possibilità
alla ricostruzione della fiducia” e “mettere insieme talenti e intelligenze al servizio
della ricostruzione del Paese e non della sua distruzione”.
Andare oltre alle divisioni ideologiche e agli interessi personali
I vescovi chiedono quindi di “dare una possibilità” alle istituzioni (tra cui il Tribunale
penale speciale) per favorire “l’avvento di un contesto socio-economico propizio alla
pace e allo sviluppo” e si rivolgono agli “attori sociopolitici”, affinché superino
le “divisioni ideologiche e gli interessi personali per tendere risolutamente verso
la ricerca del bene comune”. Dai vescovi, infine, un grazie “alla comunità internazionale
e a tutti i nostri fratelli e amici che non smettono di darci il loro appoggio nel
doloroso cammino della ricostruzione del Paese”. (L.Z.)
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