2017-06-27 12:17:00

Centrafrica: appello dei vescovi per la fine delle violenze


Alla luce della “nuova ondata di violenze che dilaga nel Paese” i vescovi della Repubblica Centrafricana hanno rivolto un messaggio “alle donne e agli uomini di buona volontà”, in cui affrontano il tema della “violenza che si propaga”, “come l’effetto di un incendio che si diffonde”.

Continuano gli scontri nonostante l’accordo raggiunto il 19 giugno
Nonostante il nuovo accordo di pace fra il Governo di Bangui e diversi gruppi politico-militari attivi nel Paese, non si fermano infatti gli scontri che nelle ultime settimane hanno causato oltre cento vittime, in una guerra civile che dura ormai da quattro anni. Morti “innocenti e indifesi, soldati della Minusca uccisi nell’esercizio della loro missione, membri dei gruppi armati, sono tutti nostre sorelle e nostri fratelli”, scrivono i vescovi in una lettera pastorale diffusa nei giorni scorsi e ripresa dall’agenzia Sir. Anche Caino e Abele erano “nati da una stessa famiglia e cresciuti insieme, esposti ed educati agli stessi valori familiari”, eppure tutto ciò “non li ha risparmiati dalla violenza”.

La collaborazione strada maestra per un vero dialogo
“Abbiamo ancora vie di uscita dalla violenza?”, chiedono quindi i vescovi centrafricani. “Come possiamo curare il cuore orientato verso il male? Come assumerci le nostre responsabilità di fronte ai crimini e alle distruzioni? Come costruire insieme una società in cui nessuno soffra per colpa dell’altro?”. Secondo i presuli, “le urla del sangue versato delle nostre sorelle e dei nostri fratelli salgono a Dio” e da Lui arriva l’invito a cambiare “sguardo e comportamento e alla responsabilità nei confronti delle nostre azioni” perché “l’accoglienza e la collaborazione sono la strada maestra per un vero dialogo e per una riconciliazione sincera”.

Rivoltante assistere a massacri di civili che restano impuniti
La lettera pastorale pubblicata durante l’assemblea plenaria, conclusa il 25 giugno a Kaga-Bandoro, definisce “doloroso, frustrante e addirittura rivoltante” assistere a massacri impuniti di innocenti. I vescovi sono convinti che “l’odio e lo spirito di vendetta non siano una spirale infinita di violenza”, purché si compia “lo sforzo di stima vicendevole e di guardarci come dei prossimi”. Per superare “le differenze religiose, politiche e sociali, la mancanza di sincerità di diversi attori sociopolitici, il senso di vendetta e di rivolta che si amplifica di fronte alla violenza e alle ingiustizie”, sottolineano , occorre “disarmare i cuori e smettere di essere strumenti di morte”, “superare la paura dell’altro, i sospetti e le dicerie per dare una possibilità alla ricostruzione della fiducia” e “mettere insieme talenti e intelligenze al servizio della ricostruzione del Paese e non della sua distruzione”.

Andare oltre alle divisioni ideologiche e agli interessi personali
I vescovi chiedono quindi di “dare una possibilità” alle istituzioni (tra cui il Tribunale penale speciale) per favorire “l’avvento di un contesto socio-economico propizio alla pace e allo sviluppo” e si rivolgono agli “attori sociopolitici”, affinché superino le “divisioni ideologiche e gli interessi personali per tendere risolutamente verso la ricerca del bene comune”. Dai vescovi, infine, un grazie “alla comunità internazionale e a tutti i nostri fratelli e amici che non smettono di darci il loro appoggio nel doloroso cammino della ricostruzione del Paese”. (L.Z.)








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