2017-07-01 10:36:00

Turkson: pace e sviluppo, il Sud Sudan ce la può fare


Il presidente della Conferenza episcopale sudanese, monsignor Edward Hiiboro Kussala, ha espresso profonda gratitudine e apprezzamento a nome di tutti i vescovi per l’affettuoso sostegno di Papa Francesco al Sud Sudan, martoriato da guerra, fame e colera. Lo scorso 21 giugno, il cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero dello Sviluppo Umano Integrale, aveva presentato l’iniziativa ‘Il Papa per il Sudan’ con la quale si annunciava un finanziamento nel Paese di 500 mila euro destinato a progetti di aiuto nel campo della sanità, dell’educazione, dell’agricoltura. Un intervento concreto non isolato, perché la Santa Sede da tempo tenta di trovare una strada per ottenere la pace, ha spiegato il card. Turkson. Federico Piana lo ha intervistato:

R. - Il nostro dicastero assiste a questi eventi con un po’ di tristezza. Sono stato lì due volte: la prima volta ho portato una lettera del Santo Padre all’arcivescovo di Juba; la seconda volta ho portato un piccolo messaggio al governo. Devo dire che il rispetto per la Chiesa c’è ancora. Il presidente riceve con piacere visite come le mie e quella del nunzio di Nairobi in Sud Sudan. C’è un rispetto tale per la Chiesa che quando altri diplomatici non riescono ad avere udienze, gente della Chiesa come il nunzio, come me, cerca di portare il proprio messaggio per risolvere un po’ la situazione. Quindi per questo ritengo che la Chiesa ha ancora qualche ruolo da poter giocare nella situazione, qualche ruolo da svolgere.

D. - Lei pensa di tornare lì presto?

R. - Certo stiamo cercando di organizzare un’altra visita lì. Come sappiamo il Santo Padre ha già mostrato la sua sollecitudine mandando un po’ di aiuti per quanto riguarda l’educazione, per la salute, per i medicinali. Questo è un bel gesto, ma la situazione in Sud Sudan richiede ancora qualcosa di più. Quindi prevediamo una visita per il prossimo futuro per fare il punto della situazione, per fare un programma di aiuto e di assistenza alla popolazione che ora fugge. La gente imbraccia i fucili,  fa qualsiasi cosa per poter guadagnare un salario perché la paga non c’è, non c’è assistenza da parte del governo. La situazione è un po’ caotica.

D. - Come ha accennato lei prima, il Santo Padre ha una sollecitudine particolare, sente un dolore particolare per le vittime di questo conflitto, che poi sono i più poveri, cioè i diseredati, le persone dimenticate. L’aiuto internazionale c’è?

R. - Sì. C’è anche una base delle Nazioni Unite. Hanno tre postazioni. Quindi c’è la presenza dei Caschi Blu dell’Onu, c’è anche quella dell’Unione Europea con il loro ambasciatore e poi ci sono diversi organismi, altri gruppi. Negli anni ’60, Papa Paolo VI ha detto che il nuovo nome della pace è lo sviluppo, ma poi ha subito aggiunto che lo sviluppo richiede necessariamente la pace. Senza la pace non si può realizzare niente. Questo è proprio il dramma della situazione in Sud Sudan. Ci vuole una situazione, un’atmosfera un po’ pacifica per poter mettere in piedi certi progetti. La gente avrà bisogno di case, di agricoltura, di scuole, di ospedali … E ci sono organismi che sono pronti ad aiutare in questo senso. Ma senza una situazione di pace che consenta la realizzazione di questi progetti, è tutto difficile.

D. - Lei è ottimista? Si riuscirà a trovare la pace per il Sud Sudan?

R. - Dobbiamo riuscire, no? E non soltanto in Sud Sudan. La stessa sollecitudine, la stessa preoccupazione che il Santo Padre ha mostrato per la Repubblica del Centrafrica è la stessa che dobbiamo rivolgere al Sud Sudan. Il Santo Padre avrebbe voluto visitare anche il Sud Sudan. Quindi il mio ottimismo non è dovuto al fatto che il Sud Sudan sia la cosiddetta  “repubblica cristiana”,  perché questo non è del tutto vero. Ci sono moschee. C’è la presenza di altre religioni. C’è l’slam, ci sono i musulmani … Il fatto è che quando c’è un’umanità che soffre, come dice la prima riga di Gaudium et spes, questa sofferenza non può non toccare tutti.  Sono convinto che questo Paese ha tutte le potenzialità per portare avanti il suo sviluppo.








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