“E’ innanzitutto una vicenda umana drammatica, soprattutto perché parliamo di Charlie, un bambino di 9 mesi. E’ un dramma che coinvolge i suoi genitori e famigliari e, in ogni caso, i medici che l’hanno in cura e quindi l’opinione pubblica”. Maurizio Calipari, docente di bioetica, portavoce dell’Associazione “Scienza e Vita”, riflette sul caso di Charlie Gard, il bambino colpito da una grave malattia genetica per il quale i medici dell’ospedale di Londra dov’è ricoverato, con una scelta contestata dai genitori, ma confermata dai giudici inglesi e europei, hanno deciso di interrompere i trattamenti sanitari a cui è sottoposto.
No a inutili fazioni
“Quello che non fa bene alla lettura di questi fatti
tragici è la creazione d’inutili fazioni, schieramenti che fanno il tifo per qualcosa
o contro qualcuno”, spiega Calipari. “Qui ci sono in gioco dei valori e prima
ancora una vita umana concreta. Abbiamo bisogno allora di ragionare, mettere in evidenza
valori e criteri per orientarci nell’azione. Non siamo però accanto al letto
di Charlie e non abbiamo davanti tutti gli aspetti di questa situazione. Parliamo
solo sulla base di ciò che abbiamo appreso in base alla documentazione di cui disponiamo,
ma ci fermiamo lì”.
I dubbi sul no alla cura sperimentale
“L’affetto e l’attenzione per la vita, visti da prospettive
diverse, possono portare su posizioni diverse genitori e medici, com’è successo in
questo caso. Ed è evidentemente la situazione peggiore”, prosegue il portavoce di
‘Scienza e Vita’. “Qui l’unica alternativa sembrava quella di una cura sperimentale
che avrebbe però avuto la forma di una ‘terapia compassionevole’, tra l’altro non
ancora sperimentata neanche sugli animali, che pur non essendo risolutiva avrebbe
potuto avere qualche beneficio. Ci si chiede perché sia stata esclusa con
tanta drasticità da parte dei medici e dei giudici. Perché è stata giudicata
così rischiosa? La domanda resta”.
Cosa nuoce al benessere e alla dignità
di Charlie?
“Ma la dimensione più importante e centrale è quella
della proporzionalità delle terapie in un caso medico simile. E’ necessario adottare
criteri che rispettino il bene della vita di Charlie e il benessere che può raggiungere
e al contempo la sua dignità di persona umana. Nessuna decisione operativa può andare
contro questi principi fondamentali”. “Non c’è dubbio – conclude Calipari
- che laddove non ci siano motivi diretti di danno arrecati dalle manovre di sostegno
vitale che ancora si stanno attuando su Charlie - in particolare la ventilazione
e la nutrizione - privarlo di queste significherebbe sostanzialmente ‘scartarlo’,
cioè dare un giudizio sulla qualità della sua vita e questo è inaccettabile dal punto
di vista etico”.
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