2017-07-05 14:26:00

Il Venezuela celebra l'indipendenza, nel pieno della crisi


Giornata fortemente simbolica quella di oggi per il Venezuela. Il Paese, alle prese da oltre tre mesi con la contestazione popolare al presidente Maduro con un bilancio di oltre 90 morti, celebra i 206 anni dell’indipendenza dalla Spagna, mentre la situazione politica ed economica è sempre più preoccupante. Il servizio di Giancarlo La Vella:

5 luglio 1811: nasceva la Repubblica Bolivariana di Venezuela, federale e democratica, come recita la Costituzione, con capitale Caracas. Nel nome ancora il ricordo di quel Simon Bolivar, liberatore dei Paesi latino-americani dal giogo della colonizzazione.

Oggi il Venezuela, meta nel secolo scorso di una forte immigrazione dall’Europa, in quanto Paese in grande progresso grazie alla ricchezza di materie prime, soprattutto petrolio, vuole liberarsi da un’altra piaga altrettanto grave: uno dei periodi più bui della sua storia politica ed economica. Una crisi, dolorosa per tutto il popolo, a causa della mancanza dei beni di prima necessità, sfociata in un protesta giornaliera nei confronti del presidente Maduro, erede di Hugo Chavez, promotore del socialismo democratico e acceso critico nei confronti della globalizzazione e dell’egemonia statunitense.

Ma che cosa non ha funzionato nel programma politico di Chavez? Sentiamo Loris Zanatta, docente di Storia e Istituzioni dell’America Latina all’Università di Bologna:

R. – Fin dalle origini, come in tutti i populismi latino-americani, Hugo Chavez ha conquistato il potere in un momento in cui effettivamente la vecchia democrazia venezuelana era drammaticamente in crisi, con il prezzo del petrolio ai minimi storici, e quindi incarnava sicuramente una grande speranza di sviluppo. Ma proprio questo era il problema, la sua idea della politica, di una lotta atavica tra il suo popolo, che si supponeva incarnasse tutto il bene, e i suoi nemici che incarnavano tutto il male. In nome di questo suo popolo ha iniziato, fin dall’inizio, a uccidere la democrazia – non è una cosa di queste ultime settimane – e, quindi, a prendere sotto controllo tutti gli organi dello Stato: dal potere giudiziario, alle forze armate, all’università, alle scuole … Nel tempo, a questo si è aggiunto – negli ultimi anni – il tracollo del prezzo del petrolio, di cui lui ha beneficiato per oltre un decennio, e si è visto che all’autoritarismo politico si aggiungeva un drammatico dilettantismo economico, e questo è il risultato: in nome del popolo si è fatto il peggio possibile per quello stesso popolo.

D. – A Hugo Chavez, e ora a Nicolás Maduro, è venuto a mancare anche il puntello di altri Paesi latino-americani, che avevano sposato la medesima causa contro la globalizzazione, contro l’egemonia degli Stati Uniti …

R. – Sì: il grosso dei Paesi latino-americani, in realtà, ha straordinariamente beneficiato della globalizzazione e quindi la politica neo-nazionalista condotta da Hugo Chavez e da diversi suoi alleati – anche se alcuni di loro lo hanno fatto con maggiore razionalità – è stata una politica decisamente autolesionista, come oggi vediamo. In realtà, il principale Paese che aveva sostenuto Chavez, pur non essendo uno Stato a regime populista, era stato il Brasile, Nazione che, a sua volta, sta attraversando una drammatica crisi. Poi, la politica di Chavez è stata una politica profondamente divisiva all’interno dell’America Latina, perché, essendo il suo un governo profondamente ideologizzato, la sua grande ambizione – in cui ha sprecato enormi risorse, che avrebbe invece potuto dedicare allo sviluppo del Paese – è stata una politica megalomane, e cioè di tentativo di esportare il modello chavista in tutto il resto dell’America Latina. E, come già era accaduto in passato, nel peronismo prima e con il castrismo poi, questa pretesa di uniformare ideologicamente tutta la regione, lungi dall’unirla, la spacca in due. E infatti oggi la regione è fortemente divisa, incapace di aiutare a trovare una soluzione del dramma venezuelano.

D. – Vie d’uscita non tanto alla crisi politica, che avrà i suoi tempi, quanto a quella economica, per superare le difficoltà immani che la popolazione sta affrontando?

R. – Le due crisi sono strettamente legate e la crisi politica minaccia solamente di aggravarsi, mano a mano che si avvicina la data del referendum costituzionale indetto da Nicolás Maduro, perché questo implica un cambiamento di regime e la transizione verso un regime corporativo probabilmente a partito unico, sul modello cubano. Quindi, finché ci sarà crisi istituzionale e crisi politica, la crisi economica è semplicemente irrisolvibile.








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