2017-07-07 12:59:00

Iraq: si avvicina la riconquista di Mosul, roccaforte dell'Is


Ultime ore per la conquista definitiva della città nord irachena di Mosul. La coalizione a guida statunitense di ora in ora occupa vaste zone della roccaforte dello Stato Islamico, soprattutto nella parte ovest. I jihadisti starebbero usando scudi umani per impedire l’avanzata, mentre c’è preoccupazione per la sorte di oltre 20 mila civili, tra i quali donne e bambini, ancora bloccati nella città. Sugli effetti che la conquista di Mosul potrebbe avere per l’Iraq, Giancarlo La Vella ha intervistato Massimo Campanini, docente di Studi Islamici all’Università di Trento:

R. - La battaglia è senza dubbio decisiva, nel senso che è un colpo definitivo dal punto di vista militare all’organizzazione dello Stato islamico. Del resto l'Is ha spaventato molto, però fin dall’inizio non aveva in realtà una vera capacità militare e quindi non è sorprendente che questo sia accaduto. Sorprendente è invece che questa operazione non sia stata fatta prima. È chiaro che, anche se l’Is è sconfitto, questo non vuol dire che non ci possono essere delle frange che possono proseguire sia un’attività terroristica, sia tentativi di risuscitare da qualche parte nei nuovi focolai di resistenza. La cosa  importante è che venga decapitato il vertice.

D. - Per l’intero Iraq cosa vuol dire la riconquista di Mosul?

R. – Ormai di fatto l’Iraq, dopo l’invasione del 2003, come Stato unitario non esiste più. Quindi la riconquista di Mosul non cambierà sostanzialmente nulla per quanto riguarda l’Iraq, che sostanzialmente resterà diviso in tre tronconi con i curdi al nord, gli sciiti al sud. Il problema sono i sunniti del centro, non solo perché detenevano un potere molto forte anche se erano minoranza all’epoca di Saddam, ma anche perché il centro sunnita è in realtà la parte più povera del Paese relativamente alle risorse petrolifere, ad esempio, localizzate al nord e al sud.

D. - Riconquistare Mosul non vuol dire però risolvere la quesitone umanitaria per migliaia di civili ancora asserragliati nella città. La comunità internazionale deve farsi carico di questo problema, ma in che modo?

R. - È chiaro che la comunità internazionale deve investire denaro per ricostruire. Ci deve essere un piano Marshall che deve ricostruire l’Iraq dalle fondamenta, ma anche tutta la Regione, perché anche la Siria poi dovrà essere in qualche modo ricostruita dal punto di vista economico. Ci deve essere un investimento da parte della comunità internazionale senza però voler avere dei ritorni; un investimento a perdere che però farà guadagnare in prospettiva, perché se si recupera una stabilità nella regione, evidentemente ne guadagna tutto l’equilibrio, non solo regionale, ma direi mondiale, anche per quanto attiene, per esempio, alle relazioni tra Stati Uniti e Russia.








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