2017-07-12 11:22:00

In Sud Sudan pronti 20 nuovi ostetrici al servizio delle mamme


Si è svolta di recente, a Juba, capitale del Sud Sudan, la cerimonia di consegna dei diplomi a 20 studenti della scuola per ostetriche della località di Lui, sostenuta da Medici con l’Africa Cuamm. Con il supporto dell’organizzazione, nata nel 1950, e l’aiuto del personale locale, gli studenti sono riusciti a completare il proprio percorso formativo nonostante le difficoltà legate alla guerra, alla fame e alla miseria che affliggono il Paese, rappresentando così un motivo di speranza per la popolazione sudanese. Giulia Bedini ne ha parlato con don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm:

R. – È stata una gioia grande per tutti. Si tratta di venti giovani, dodici femmine e otto maschi, provenienti dagli Stati che compongono il Sud Sudan, sia al nord che al sud: appartengono a etnie diverse, quindi hanno anche dialetti e lingue differenti. Tutti insieme hanno fatto tre anni di formazione teorica, da una parte, poi anche esperienze pratiche, dall’altra e, finalmente, abbiamo celebrato questo traguardo così tanto sospirato. Siamo così contenti in primo luogo per gli studenti stessi; in secondo luogo perché il Sud Sudan ha una carenza di ostetriche altissima, basti pensare che c’è un’ostetrica ogni 20 mila parti; il terzo motivo di grande soddisfazione deriva dal fatto che il Sud Sudan sta vivendo purtroppo un periodo di guerra civile, di scontri costanti e, quindi, in questo clima di insicurezza, con una povertà che attanaglia e deprime tutto il Paese, la laurea di questi venti nuovi ostetrici è un segnale di grande speranza.

D. – Quanto può essere importante in un Paese così afflitto ripartire dalle mamme, dai bambini, quindi dalla vita?

R. – Nel lavoro quotidiano si coglie l’insicurezza, la paura: in un contesto simile, dove la vita perde valore, il senso della morte si percepisce da tante cose. Insieme a tutto questo, il poter celebrare la vita è fondamentale.

D. – Qual è il bilancio delle vostre iniziative in questo Paese?

R. – I risultati sono incredibili nonostante le difficoltà: nel 2007, quando abbiamo iniziato il nostro lavoro, avevamo solo un ospedale, l’ospedale di Yirol, e adesso invece abbiamo altri 90 centri. Tale espansione indica come lavorando, e lavorando bene al servizio delle mamme, il lavoro viene riconosciuto. Quando si lavora in questo modo, si raggiunge quell’ultimo miglio del sistema sanitario, dato che il Sud Sudan è un Paese grande e molte persone vivono in zone molto remote, rurali, periferiche. Il nostro mandato è quello di raggiungerle: gli ospedali sono importanti, come pure è importante uscire, andare in cerca, far capire la necessità per una donna incinta dei controlli in un centro sanitario, riattivando questo tessuto connettivo. Grazie a questo, si può registrare una crescita dei parti assistiti, che diventano un segno di vita.








All the contents on this site are copyrighted ©.