2017-07-15 13:48:00

Il card. Sandri porta l'abbraccio del Papa agli sfollati in Ucraina


Si avvia alla conclusione la visita del cardinale Leonardo Sandri in Ucraina. Questa domenica l’appuntamento con la Divina liturgia presso il Santuario mariano di Zarvanytsia in occasione del pellegrinaggio nazionale. Poi il trasferimento a Leopoli, lunedì il rientro a Roma. Il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali in questi giorni ha visitato l’Est del Paese, dove ha incontrato gli sfollati ai quali ha portato la benedizione di Papa Francesco. Il porporato ha esortato a non accettare il silenzio calato sulla sofferenza di migliaia di persone causata dal conflitto. Ascoltiamo il cardinale Sandri al microfono di Sergio Centofanti: 

R. – Credo che sia veramente un viaggio che porta tanto entusiasmo tra la gente e porta anche tanta consolazione da parte del Santo Padre. In tutti i luoghi, chiese, centri sociali, centri di carità, dove sono stato, ho trovato da parte di tutti questa riconoscenza per il Papa. Non solo per la colletta che ha straordinariamente promosso in Europa per l’Ucraina, ma anche perché seguono il Papa veramente con grande attenzione. Pensi che in uno di questi incontri con gente sfollata, una signora ha detto: “Noi seguiamo Papa Francesco che dice di non alzare muri e di costruire ponti”.

D. – Come è andato l’incontro con gli sfollati?

R. – Quello è stato un momento di grande emozione, dove ho potuto dare una parola di consolazione a tutta questa gente e dire che tutti i cattolici del mondo, dal Papa in giù, sono tutti con vicini a loro non solo con le preghiere, ma anche in modo concreto, per aiutarli a uscire da questa situazione. E quindi per noi è stato molto bello vedere bambini, mamme, anziani e molti, moltissimi giovani, ragazzi e ragazze, che nonostante le difficoltà stanno seguendo la vita della Chiesa, approfondendo la loro vita cristiana, dando un esempio di vita apostolica in una regione dove ci sono tanti problemi.

D. – Lei ha avuto parole forti sulla guerra, sulla crisi in atto in Ucraina …

R. – Tutti noi, tutti i cattolici, tutti i cristiani crediamo che la soluzione dei problemi non sia la guerra. Gli strumenti dei quali c’è bisogno per la pace non sono le armi. Le armi sono per un’altra finalità. Per la pace bisogna utilizzare gli strumenti del dialogo, della riconciliazione, del saper comprendere e conoscere quello che pensano gli altri, saper comprendere anche i propri limiti e trovare insieme una soluzione. Quindi, no alle armi, sì alla pace. Questo è il grido che sorge un po’ dappertutto e si vede che la gente è stufa di dover subire le conseguenze della guerra, come lo sono gli sfollati, quelli che hanno dovuto lasciare la loro casa, i feriti o le persone che devono soffrire anche psicologicamente questa situazione.

D. – Che Chiesa ha incontrato in Ucraina?

R. – Io sono stato soprattutto con i greco-cattolici; ma ho trovato dovunque una grande collaborazione tra i greco-cattolici e i latini. In tutti i luoghi dove sono stato c’era sempre il vescovo latino e questo per me è stata una grande consolazione e sono sicuro che lo sia anche per il Santo Padre: vedere che queste due nostre presenze qui, in Ucraina – i greco-cattolici e i latini – vivono con grande partecipazione la loro fraternità, la fraternità del Vangelo. E poi abbiamo potuto vedere che anche alcuni fedeli che non sono cattolici si sono avvicinati alle nostre chiese per partecipare alla preghiera e alla Divina liturgia. Quindi ho visto una Chiesa viva, una Chiesa piccola, una Chiesa umile, una Chiesa che in parte ha pochi mezzi ma che porta avanti il suo compito di annunciare Gesù, la gioia del Vangelo e tutte le altre attività nel campo educativo, nel campo sanitario e nel campo della promozione sociale.








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