2017-07-25 19:22:00

Charlie. Bambino Gesù: fatto il possibile ma arrivati tardi


di Marco Guerra

Il Bambino Gesù di Roma conferma che la terapia sperimentale con deossinucleotidi poteva essere un’opportunità per Charlie e potrà esserlo in futuro per tutti i malati rari con la stessa patologia o patologie simili. La direttrice, Mariella Enoc, e il primario di Malattie muscolari e neurodegenerative, il prof. Enrico Silvio Bertini, hanno ripercorso, in conferenza stampa, gli ultimi risvolti della vicenda del bambino inglese affetto da una rarissima malattia mitocondriale, mettendo a fuoco i contorni dell’iniziativa portata avanti dall’ospedale pediatrico della Santa Sede ed evidenziando gli insegnamenti emersi dal dramma vissuto da Charlie.

La Enoc ha ricordato l’immediata disponibilità espressa dell'ospedale subito dopo l’appello di Papa Francesco del 3 luglio, in cui il Pontefice auspicava che non si trascurasse il desiderio dei genitori di accompagnare e curare sino alla fine il proprio bimbo. “Ci siamo subito messi in contatto con il Great Ormond Street Hospital di Londra e nel pomeriggio stesso fui chiamata della madre del bambino, che in un colloquio telefonico mi espresse la volontà di provare la cura sperimentale”, ha raccontato la direttrice.

Il Bambino Gesù, spiega ancora la Enoc, ricopre fin da subito il ruolo di “collettore di un gruppo internazionale di scienziati” guidati dal prof. Enrico Silvio Bertini e dal professore di Neurologia della Columbia University, Michio Hirano, entrambi impegnati in una ricerca sulle modificazioni mitocondriali.

Si arriva così alla valutazione clinica congiunta effettuata sul posto dai ricercatori, a seguito della quale è emersa l’impossibilità di avviare il piano terapeutico sperimentale, a causa delle condizioni gravemente compromesse del tessuto muscolare del piccolo Charlie. Il gravissimo contesto clinico che abbiamo trovato - si legge in una nota del Bambino Gesù -  avrebbe configurato il tentativo di terapia sperimentale come un accanimento terapeutico. In questo caso - prosegue il comunicato - abbiamo purtroppo constatato di essere arrivati forse tardi.  Lo stesso Bertini ha quindi spiegato che in questi casi è fondamentale la tempistica: "la terapia sperimentale poteva rappresentare una opportunità per Charlie Gard ma si è arrivati troppo tardi".

“Riattivando il percorso terapeutico ci siamo accorti che la situazione era drammatica e che il bambino aveva perso il 90% di massa muscolare", ha proseguito Bertini. Secondo il medico non è possibile stabilire cosa sarebbe potuto succedere se fossero arrivati prima, poiché nel campo delle malattie rare i trattamenti innovativi sono in costante evoluzione, non si conosce la storia naturale e ogni paziente è quindi un caso a sé.

La direttrice Enoc ha quindi parlato dell’eredità del caso Gard: “Questa vicenda insegna che bisogna sempre portare avanti la ricerca scientifica senza mettere ostacoli, che la comunità scientifica deve parlarsi e che è importante curare il rapporto tra scienziati, medici, pazienti e famiglie dei pazienti”. Questione fondamentale è anche la tempistica, per questo la Enoc ha riferito del lavoro di un laboratorio dell’ospedale aperto da una anno e dedicato alla diagnosi rapida delle malattie rare.

Intanto i genitori del bambino, Chris Gard e Connie Yates, hanno espresso il desiderio di portarlo a casa per trascorrere così gli ultimi momenti insieme, dopo la decisione di rinunciare alla battaglia per fargli avere il trattamento sperimentale negli Stati Uniti. A  spiegarlo è il legale della coppia che oggi è tornata di nuovo davanti all'Alta Corte per sostenere la richiesta. Il giudice monocratico deciderà domani se il piccolo Charlie potrà lasciare l'ospedale, mentre resta il parere negativo dei responsabili del Great Ormond in cui è ricoverato.

Ascolta e scarica il podcast del servizio e degli interventi di Mariella Enoc ed Enrico Silvio Bertini:








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