2017-08-02 13:38:00

Il card. Parolin alla Porziuncola per il Perdono di Assisi


di Emanuela Campanile

“Perdono d’Assisi” o Indulgenza della Porziuncola: da otto secoli, il 1°e 2 agosto, milioni di pellegrini possono godere di un privilegio unico e singolarissimo: ritrovare pace e perdono. Lo chiese a Dio, San Francesco in quella notte di profonda preghiera del 2 agosto 1216.

Particolarmente solenne la ricorrenza di quest’anno, in quanto coincisa con la conclusione dell’VIII Centenario del Perdono di Assisi, giubileo inaugurato il 2 agosto dello scorso anno dal card. Gualtiero Bassetti e impreziosito dal pellegrinaggio di Papa Francesco alla Porziuncola due giorni dopo.

A presiedere la solenne celebrazione di chiusura del Giubileo, il card. Pietro Parolin, segretario di Stato, che durante l’omelia ha ricordato come San Francesco “raggiante per aver ottenuto da Papa Onorio III la concessione dell’indulgenza (…), non trattenne la gioia ed esclamò: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso”.

Parole - ha proseguito - "che ci dicono anche la missione fondamentale della Chiesa, quella di favorire l’incontro tra Dio e gli esseri umani, di costruire solidi ponti tra Cielo e Terra, di mostrare una via di salvezza offerta a tutti e non riservata a piccoli gruppi di dotti e sapienti”.

Il porporato accomuna i piccoli spazi della Porziuncola, della Grotta di Betlemme e della Santa Casa di Nazzaret, a dimostrazione che “l’infinita misericordia divina si manifesta in uno spazio delimitato. Dio (…) utilizza canali di umiltà, scegliendo luoghi periferici e segni delicati”. Citando Papa Francesco nella sua lettera a mons. Domenico Sorrentino in occasione dell’inaugurazione del Santuario della Spogliazione, ricorda inoltre come “l’Onnipotenza, in qualche modo, si eclissa, affinché la gloria del Verbo fatto carne si esprima soprattutto nell’amore e nella misericordia” (16 aprile 2017)”.

Attraverso alcune domande, usate poi come fossero un paradosso, il card. Parolin spiega il motivo per cui Dio sceglie i più piccoli per i Suoi immensi disegni: “Solo l’essenza di Dio, che è amore, può spiegare questo movimento del Creatore dall’alto al basso, questo farsi piccolo, debole e dipendente dalle cure umane. Come non prorompere nell’inno di giubilo e magnificare il Signore per quanto Egli compie? Come non gioire per una bontà che non si limita a contemplare sé stessa, ma vuole diffondersi e donarsi? Che accetta - per amore - di essere ferita, rifiutata, inchiodata ad una croce?”.

Indicativo a questo punto dell’omelia, la scelta di dare spazio ad un elemento di stupore per l’uomo di oggi e che nasce dal considerare quanto contasse il Paradiso per l’uomo, ai tempi di San Francesco e “quanto fossero disposti a camminare, ad impegnarsi, a pregare, per non allontanarlo dal loro orizzonte”.

“Desta meraviglia - approfondisce il cardinale - scoprire quanto gli uomini pensassero alle cose del Cielo, quanto fossero consapevoli che il destino definitivo, quello vero, non si gioca nelle soddisfazioni e realizzazioni terrene, ma lo si trova nel mondo futuro, lassù nella città dei Santi e non quaggiù nelle città terrene, colme di affanni, di dubbi commerci e di vanità (…) Forse - sembra concludere - a quei tempi l’animo umano era meno distratto”.

E, come un contro canto, il segretario di Stato mette in guardia dalle derive di questo nostro secolo in cui “non siamo aiutati a comprendere che, inseguendo soltanto realizzazioni terrene, si andrà incontro ad amare sconfitte. Non è scontato capire che occorre rivolgersi a Dio, (…) Risulta complicato far spazio al pensiero su Dio, sulla Chiesa, sul fiume di grazia offerto dai sacramenti, sull’importanza di custodire la Parola di Dio per non compiere scelte distruttrici della comunione delle famiglie, di quella delle parrocchie o degli ambienti di lavoro”.

Avviandosi alla conclusione, prima di invocare la benedizione e la protezione della Vergine Maria affinché si possa tutti varcare “con cuore rinnovato la soglia della Porziuncola, il cardinale esorta a cogliere l’invito che nasce dalla “festa odierna” da “questo santo luogo”, dall’esempio e la vita di San Francesco e dalle “parole del Magnificat”, “a guardare con occhi nuovi la realtà”.

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