2017-08-05 12:54:00

Giornata gioventù asiatica: primi bilanci nel segno della tolleranza


E' tempo di bilanci per gli oltre duemila partecipanti alla settima Giornata della gioventù asiatica. Domani, infatti, si concluderà questa avventura durata una settimana e che ha coinvolto le Chiese di 21 Paesi del continente. La cerimonia di chiusura con l'annuncio del Paese che ospiterà tra tre anni la prossima edizione dell'“Asian Youth Day”, verrà preceduto dalla Santa Messa presso l'aeroporto militare di Yoyjiakarta, lo stesso che vide la presenza di San Giovanni Paolo II nel 1989. E' qui che i giovani dell'Asia si stringeranno in un ultimo abbraccio prima di tornare ai rispettivi Paesi con la convinzione di non essere soli nel testimoniare con gioia e misericordia il Vangelo nel mondo. Su questo punto è d’accordo anche padre Gustavo Benitez, missionario del Pime in Cambogia. Originario dell'Argentina, padre Benitez è segretario esecutivo dello “Youth Desk” per la Federazione delle conferenze episcopali asiatiche (Fabc). Il nostro inviato Stefano Leszczynski gli ha chiesto una riflessione sulla Giornata asiatica della gioventù che si sta appunto avviando a conclusione:

R. – Tutti i temi che abbiamo svolto in questi giorni, secondo me, hanno lasciato un grande segno per i giovani. Molti di loro vivono delle situazioni anche difficili nei rispettivi Paesi: convivono con altre religioni, con altre filosofie, in Paesi che non sono cattolici… E allora penso che abbia lasciato proprio un grande segno. Penso che i giovani abbiano colto molto bene soprattutto due parole: tolleranza e riconciliazione. Penso che per loro siano state veramente molto significative.

D. – Quanto è stato importante per questi giovani, che per la maggior parte provengono da Paesi dove i cattolici sono in minoranza, ritrovarsi finalmente tutti insieme e rendersi conto di essere parte di un qualcosa di più grande?

R. – È sempre una gioia per loro. Questo è il mio secondo “Asian Youth Day”. Ogni volta che si riuniscono, si ritrovano con una gioia che nasce proprio dal cuore, si sentono parte di una stessa Chiesa - di una sola Chiesa - e sentono un po’ questa unità fra di loro. Perché poi, a parte questo evento, non ce ne sono altri simili in Asia, per i giovani in particolare. E allora questa occasione significa per loro gioia di essere insieme e, secondo me, anche entusiasmo di condividere la fede.

D. – Come si pongono i giovani di fronte al pericolo dei radicalismi che crescono, della minaccia terroristica, soprattutto dopo aver visto una realtà come quella indonesiana dove il dialogo è quotidiano, la convivenza è pacifica e pressoché normale?

R. - Anzitutto si fanno molte domande. Ho tenuto un workshop sulla missionarietà, il tema era: “Come essere testimoni di Dio in questo mondo multiculturale”. Uno di loro mi ha chiesto proprio questo: nei Paesi in cui ci sono dei conflitti, dove c’è il terrorismo, dove ci sono movimenti radicali, anche fondamentalisti, come essere testimoni? Si pongono delle domande, talvolta sanno rispondere, talvolta no. Hanno delle paure ma devo anche dire che, in alcuni Paesi che ho visitato, ho trovato dei giovani molto coraggiosi, che magari lavorano con altri giovani di altre religioni e costruiscono la pace insieme, il dialogo, la fraternità... Secondo me questi sono i punti che loro vorrebbero vivere: non la differenza e la diversità, ma proprio cosa ci unisce.

D. – Con quale spirito tornano a casa, cosa portano indietro di importante, secondo lei?

R. - Su questo penso che il tema dell’“Asian Youth Day” abbia avuto una grande incidenza: “Joyful asian youth! Living the Gospel…”, questa gioia di ritrovarsi fra cattolici e di vivere con gioia il Vangelo. Penso che questo sia il messaggio e ciò che si portano dentro: la gioia di potere condividere e vivere il Vangelo in questi aspetti della tolleranza, del dialogo, del diverso, però vivere con gioia.

Ascolta e scarica il podcast dell'intervista integrale a padre Benitez:

 








All the contents on this site are copyrighted ©.