2017-08-14 13:19:00

Kenya, un missionario comboniano: politica sfrutta divisioni etniche


di Emanuela Campanile

Tra la popolazione kenyota è ancora vivo e terribile il ricordo dei massacri etnico-politici per i risultati elettorali del 2007. I morti furono 1200 e 600mila gli sfollati. Oggi, a quasi una settimana dalla vittoria presidenziale di Uhuru Kenyatta (risultato considerato frutto di brogli per i sostenitori dello sfidante, Raila Odinga), si contano un centinaio di vittime, tra cui una decina di bambini, e si teme l'acuirsi di quello che è stato definito "terrore di Stato".

"Nel 2007 la protesta è stata molto più diffusa; alcune zone erano inaccessibili - ricorda il missionario comboniano Mariano Tibaldo, all'epoca padre Provinciale - la grande esplosione di violenza si verificò particolarmente nelle baraccopoli: in quella di Kibera, che tra l’altro è vicino alla nostra casa, ci vivono circa un milione di persone; e poi la baraccopoli di Korogocho, dove la gente di diverse etnie vive fianco a fianco. Ma il grande dramma del Kenya e di molte altre zone dell’Africa - proosegue nel suo commento padre Mariano - è che la politica ha usato la divisione etnica per i suoi scopi: più la popolazione è povera, più esplode la violenza e più la divisione etnica fa presa".

Eppure, un Kenya instabile non gioverebbe a nessuno e se la storia è ancora un po' maestra, basterebbe ritornare a quel 2007 per ricordare (ed evitare!) le conseguenze economiche e sociali dovute all'interruzione di scambi e comunicazione tra l'ex colonia britannica e Stati come Uganda, Sud Sudan, Congo, Ruanda e Burundi.

Ascolta e scarica il podcast con l'intera intervista al padre comboniano Mariano Tibaldo

 

 

 

 








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