2017-08-29 11:12:00

Rete ecclesiale panamazzonica contro abolizione riserva di Renca


Il 23 agosto il Governo Temer ha abolito la riserva naturale di Renca nella Foresta Amazzonica per permettere al suo interno l’estrazione mineraria da parte di Compagnie nazionali e straniere private. L’area, istituita nel 1984, si trova negli Stati di Amapa e Para, nel nord-est del Paese e si pensa che sia ricca di oro e altri minerali preziosi. Circa il 30% del suo territorio verrà interessato dalle attività estrattive. La decisione è contestata dalla Chiesa, da alcuni partiti dell'opposizione e da movimenti ambientalisti, per i potenziali danni naturali derivanti dalla deforestazione. 

Dal canto suo in una nota la Rete ecclesiale pan-amazzonica (Repam), dipendente dal Consiglio episcopale latinoamericano e dei Caraibi (Celam) e organismo legato alla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb), unitamente alla Commissione episcopale per l'Amazzonia della Cnbb, attraverso la sua Presidenza, insieme con la Chiesa cattolica della Pan-Amazzonia e la società brasiliana, in particolare i popoli delle terre indigene Waãpi e Rio Paru d'Este, respinge pubblicamente il Decreto presidenziale, antidemocratico e molto dannoso, che abolisce la Riserva nazionale del Rame e Associati (Renca).

La Renca è una riserva dell’Amazzonia di 46,450 km2 – pari al territorio della Danimarca. La regione comprende nove aree protette, tre delle quali con protezione totale: il Parco nazionale delle montagne Tumucumaque; le Foreste demaniali di Paru e Amapá; la Riserva Biologica Maicuru; la Stazione Ecologica Jari; la Riserva estrattiva del fiume Cajari; la Riserva per lo sviluppo sostenibile di Rio Iratapuru e le Terre indigene Waiãpi e Rio Paru d'Este. La concessione delle aree per l'estrazione mineraria, tra l’altro, di rame, oro, diamanti, ferro, niobio, aumenterà la deforestazione, causerà la perdita irreparabile della biodiversità e avrà impatti negativi sulle persone in tutta la regione.

Il Decreto che abolisce la Renca offende la democrazia brasiliana - afferma nella nota la Repam - perché, con l’obiettivo di attrarre nuovi investimenti per il Paese, il Governo brasiliano ha consultato solo le aziende interessate a sfruttare la regione. Non è stata condotta alcuna consultazione delle popolazioni indigene e delle comunità tradizionali, come richiesto dall'articolo 231 della Costituzione federale del 1988 e dalla Convenzione 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil). Il Governo cede ai grandi imprenditori dell’estrazione mineraria che da anni chiedono questa abolizione e alle pressioni del gruppo parlamentare legato alle imprese estrattive che finanziano le sue campagne.

Contrariamente  a quanto affermato nella in una nota del Governo - mette in guardia la Repam - con l'apertura della regione all’estrazione mineraria non sarà possibile garantire la protezione della foresta, le Unità di Conservazione e ancora meno le terre indigene - che saranno toccate direttamente in modo violento e irreversibile. Basti osservare la scia di distruzione che le società minerarie brasiliane e straniere hanno lasciato in Amazzonia negli ultimi decenni: la deforestazione, l'inquinamento, lo sfruttamento indiscriminato delle risorse idriche a causa dell’elevato consumo di acqua necessario per l'estrazione dei minerali e la loro contaminazione con sostanze chimiche, l'aumento della violenza, la droga e la prostituzione, l’aggravamento dei conflitti per la terra, l’aggressione incontrollata delle culture e modi di vita delle comunità indigene e tradizionali, con grandi esenzioni fiscali, ma benefici irrisori per le popolazioni della regione.

Rischi ambientali e sociali incalcolabili - osserva la Repam - minacciano quel "polmone del Pianeta colmi di biodiversità” che è l'Amazzonia, come ci ricorda Papa Francesco nella Lettera Enciclica Laudato Si’, avvertendo che esistono “proposte di internazionalizzazione dell’Amazzonia, che servono solo agli interessi economici delle multinazionali"(LS 38). La politica non dovrebbe sottomettersi all'economia e ai dettami efficientisti della tecnocrazia, la priorità deve essere sempre la vita, la dignità e la cura della Casa comune, la Madre Terra. A Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, il 9 luglio 2015, - ricorda la Repam - Papa Francesco non aveva mancato di affermare: “Diciamo No a un'economia di esclusione e inequità in cui il denaro domina invece di servire. Questa economia uccide. Questa economia è escludente. Questa economia distrugge la Madre Terra”.

Ancora, nella Laudato si’ Papa Francisco lancia l’allarme sul “dramma di una politica focalizzata sui risultati immediati, sostenuta anche da popolazioni consumiste, rende necessario produrre crescita a breve termine." (LS 178). Invece "nel dibattito devono avere un posto privilegiato gli abitanti del luogo, i quali si interrogano su ciò che vogliono per sé e per i propri figli, e possono tenere in considerazione le finalità che trascendono l’interesse economico immediato." (LS 183 ).

L'abolizione della Renca rappresenta una minaccia politica per tutto il Brasile, perché impone una maggiore pressione sulle terre indigene e sulle Unità di Conservazione, apre le porte a regole più flessibili, come l'autorizzazione allo sfruttamento di minerali delle terre indigene, proibito dall’attuale Codice delle miniere.

Per tutte queste ragioni - esorta la Repam - ci uniamo alle diocesi locali di Amapá e Santarém, agli ambientalisti e a quella parte della società che attraverso campagne sui social network e la raccolta di firme, chiedono l’immediato ritiro del Decreto Presidenziale che abolisce la Riserva. Invitiamo i parlamentari a difendere l'Amazzonia, impedendo ad altre aziende di distruggere una delle nostre più grandi risorse naturali.

Non ci rassegniamo al degrado umano e ambientale! Uniamo le forze per la vita dei popoli che vivono nel bioma amazzonico. Il futuro delle prossime generazioni è nelle nostre mani! Che Dio ci incoraggi nel profondo dei nostri cuori e ci illumini e ci confermi nella ricerca della tanto sognata Terra senza mali. La nota è firmata dal card. Claudio Hummes, presidente della Repam e commissario episcopale per l'Amazzonia e da mons. Erwin Kräutler, presidente della Repam-Brasile e segretario della Commissione episcopale per l'Amazzonia.








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