2017-08-30 09:44:00

Trento: cristiani e musulmani alla scuola del dialogo


di Adriana Masotti

“Interfaith Engagement in Theory and Practice” cioè dialogo interreligioso attraverso la teoria e la pratica: è il titolo del corso /laboratorio che si conclude oggi a Tonadico, Trento, e che ha visto per 5 giorni insieme 42 giovani cristiani e musulmani di tre continenti, Europa, Canada e Stati Uniti.

Obiettivo dell’iniziativa, promossa dall’Istituto Universitario Sophia di Loppiano in collaborazione con l’Islamic Institute of England di Londra (UK) e il Risalat Institute di Qum (Iran), è realizzare un’esperienza in comune di carattere prima di tutto spirituale attingendo, spiega mons. Piero Coda, preside di Sophia, alle reciproche tradizioni.  “Il corso è il frutto di un cammino cha da anni stiamo facendo con il Centro di Londra, prosegue, per formare le nuove generazioni a uno spirito di dialogo, e più in generale a quella cultura dell’incontro a cui ci invita Papa Francesco, come lievito di una nuova civiltà”. 

E alla proposta fatta i giovani hanno risposto con convinzione e con il desiderio di continuare su questa strada. “Penso che sia ancora troppo presto per poter veramente spiegare questo fenomeno che è molto nuovo, afferma il dott. Mohammad Shomali, figura internazionale dell’Islam, direttore dell’Istituto di Londra, quello che stiamo vivendo è un dono di Dio, non è solo condividere delle informazioni, ma è cercare veramente di vivere insieme un cammino di unità che possa essere una speranza anche per l’umanità".

Un orizzonte reso ancora più necessario di fronte ai recenti drammatici fatti di cronaca alla situazione internazionale che chiede ormai di assumere il dialogo interreligioso come un elemento cruciale e necessario per risanare le fratture che attraversano il tessuto sociale, soprattutto in Europa.
Ma quali elementi possono favorire l’incontro? A Tonadico, spiega mons. Coda, “è stato molto importante condividere le nostre esperienze. Per esempio, noi come cristiani abbiamo presentato la storia di come la Chiesa cattolica progressivamente ha compreso la necessità del dialogo con le altre religioni dal Vaticano II fino a Papa Francesco. Questo è stato molto apprezzato perché si vede come la fedeltà alla verità abbia una dimensione di apertura: non è solamente guardare le proprie origini, bisogna essere fedeli a questo ma occorre anche essere aperti a ciò che lo Spirito dice oggi alle rispettive tradizioni per camminare insieme.”

La possibilità di superare le diffidenze e i timori reciproci tra cristiani e musulmani c’è, ma insiste il preside dell’Istituto Sophia, “bisogna conoscersi e soprattutto bisogna incontrarsi. Penso a questi giovani dopo questa esperienza… mai più avranno un giudizio negativo a priori l’uno sull’altro perché hanno sperimentato che nell’amore di Dio siamo chiamati all’unità.”

Un’apparente contraddizione, vivere in un mondo sempre più globalizzato e nello stesso tempo veder crescere divisioni e muri. Questa è invece la realtà. Secondo il dott. Shomali: “Se nel passato noi vedevamo che le diverse culture non interagivano fra di loro e ciascuna era isolata nelle diverse parti del mondo, oggi vediamo che nelle stesse città le comunità e le culture, anche se vicine, non si mettono insieme e rimangono comunque isolate all’interno dei propri quartieri. Quindi quello che noi possiamo fare per superare questo isolamento e questa separazione, è dare alle persone una maggiore sicurezza che la loro identità rimane e non si perde nell’ incontro con gli altri. Quello che io mi sto impegnando a fare con i professori e i giovani musulmani del mio Istituto, prosegue Somali, è proprio dire loro che puoi essere religioso e molto attaccato alla tua fede, ma nello stesso tempo puoi aprirti ai tuoi fratelli cristiani. E posso dire che i miei amici del Movimento stanno facendo lo stesso con i giovani studenti cristiani.”

Se in Occidente si discute  tanto di islam ma lo si conosce pochissimo e molti ne hanno paura vedendo un pericolo per la religione cristiana, un atteggiamento analogo di diffidenza si vive nel mondo islamico nei confronti dei cristiani.

Senza dubbio il terrorismo che invoca strumentalmente il nome di Allah, favorisce più i seminatori dell’odio e dell’intolleranza piuttosto che coloro che credono e vivono i valori di rispetto, di apertura e di accoglienza. Spesso si accusano le comunità islamiche e anche gli stessi imam di condannare troppo debolmente la violenza. Impossibile non parlarne con il dott. Shomali che da tempo lavora per diffondere i valori della convivenza e della pace. “Certo, l’aspetto del terrorismo è un aspetto penoso, afferma il direttore del Centro di Londra, ma credo che più che per chiunque altro lo sia per i musulmani stessi. Infatti, non solo molti musulmani sono stati vittime di questi attacchi terroristici, ma sono anche feriti nel loro cuore perché vedono la loro fede, che è una fede di pace e di amore, sequestrata da persone che in nessun modo rappresentano l’islam. Noi facciamo uso di ogni mezzo a nostra disposizione per dire e ribadire il fatto che questo non è islam. E’ talmente ovvio che queste azioni non hanno niente a che vedere con l’islam! Noi facciamo un gran lavoro per avvicinare musulmani sunniti e sciiti, e cristiani e musulmani, vogliamo unire la nostra gioventù educandola al grande valore dell’apertura, dell’amore e del rispetto reciproci.

Un ringraziamento il dott. Shomali lo rivolge in particolare a Papa Francesco “per i suoi interventi tesi a ribadire il concetto che questo terrorismo non ha niente a che fare con l’islam: lo apprezziamo veramente tanto. Credo che questi terroristi non gradiscano affatto queste affermazioni, perché loro vogliono dire alla gente: “Noi siamo il vero islam”; invece, insieme alle persone che comprendono, noi tutti abbiamo scelto di non rimanere intrappolati nell’agenda dei terroristi e ripetiamo: “Tutto questo non ha niente a che vedere con l’islam”.

Il Movimento dei Focolari possiede nel proprio DNA la vocazione al dialogo e all’incontro. Al centro del carisma della fondatrice, Chiara Lubich, c’è infatti la ricerca della fraternità tra tutti gli uomini. Ma non è solo questa la motivazione della scelta di campo dei Focolari. Mons. Coda lo precisa: “Questa scelta del dialogo non è opzionale, è qualche cosa che come diceva Paolo VI in “Ecclesiam suam” è il nome in cui oggi si traduce, per noi cristiani, la testimonianza del Vangelo. Quindi questa via del dialogo è la via maestra per essere fedeli al messaggio di Gesù e per contribuire all’unità della famiglia umana.”

Ascolta e scarica l'intervista integrale a mons. Piero Coda:

Ascolta e scarica l'intervista integrale, doppiata in italiano, al dott. Shomali:

Ascolta e scarica la dichiarazione in inglese del dott. Shomali:








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