2017-09-02 08:01:00

Commento di don Sanfilippo al Vangelo della XXII Domenica T.O.


Nella 22.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo (Mt 16, 21-27) annuncia ai discepoli la sua morte e risurrezione:

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.  Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?  Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo, presbitero della diocesi di Roma:

L’amore spinge Gesù a donarsi per annunciare ovunque la Verità integralmente: riguardo alla creazione, al peccato d’origine e alla lotta contro satana, e soprattutto per proclamare la potenza della Misericordia divina che si fa carne. Ma questa diaconia alla Verità per liberare ogni persona umana dalla morte eterna comporta dolore: il rifiuto, la derisione, l’odio fino alla morte di croce. Chiunque si fa discepolo del Signore, collaborando a questa missione, patisce lo stesso trattamento seguendo le medesime orme: rinnegare sé stessi, portare con fede la sofferenza, subire il disprezzo destinato a Cristo per partecipare alla sua Vittoria, la cui corona sono i figli della fede frutto del dono di sé. Quando si esce da questa logica d’amore si ragiona come fanno gli uomini in preda al timore, cercando, cioè, il quieto vivere, il proprio tornaconto ed evitando ogni problema. Si diventa così, senza accorgersi, ottimi collaboratori del diavolo, come ha fatto Pietro in questo Vangelo, che pur essendo appena nominato principe della Chiesa, apostrofa Gesù con la logica dell’egoismo: “Signore, queste sofferenze non devono accadere!”. Non spaventiamoci se anche in noi convivono queste contraddizioni: amore ed egoismo, l’annuncio gioioso e il “Basta la salute!”. Il Salvatore sceglie i deboli, non i forti, per salvare il mondo.








All the contents on this site are copyrighted ©.