2017-09-06 13:01:00

Nuove elezioni in Kenya: prova di democrazia oltre il tribalismo


di Adriana Masotti

In Kenya si voterà di nuovo il 17 ottobre prossimo. Il capo dell'opposizione Raila Odinga ha presentato una serie di condizioni “legali e costituzionali” per la sua partecipazione alle nuove elezioni presidenziali, dopo l'annullamento del voto dello scorso 8 agosto deciso dalla Corte Suprema per irregolarità. Tra  le richieste, il controllo del sistema elettronico della Commissione elettorale, le dimissioni di alcuni suoi membri e la possibilità per gli otto candidati presidenziali della volta scorsa di ripresentarsi.

Vincitore, e quindi per un secondo mandato presidente del Paese, era stato dichiarato Uhuru Kenyatta storico rivale di Odinga. La decisione di ritornare alle urne ha visto naturalmente reazioni opposte, di soddisfazione per i sostenitori di Odinga e di contrarietà da parte del governo. Ma c’è un dato in più: anche i vincitori questa volta, per evitare disordini, hanno accettato la decisione della Corte. A complimentarsi per questo passo è stato il capo stesso dell’Unione Africana, Condé, che ha parlato di un “comportamento che onora l’Africa” e ha apprezzato “lo spirito di maturità di responsabilità di tutti gli attori del processo che hanno preferito i canali legali alla violenza”.

"E’ vero", commenta, Charles Besigje, docente di Storia all’Università Cattolica dell’Africa dell’Est a Nairobi, “perché penso che in Kenya come Paese si stia sviluppando una certa maturità, una democrazia, anche se non è ancora la democrazia dove la gente è libera di parlare e di agire. C’è ancora un problema legato al tribalismo; la gente segue i politici, perché vengono da determinate località o perché provengono da quella zona … Ma allo stesso tempo, c’è questa crescita e per questo si spera molto nel voto del prossimo 17 ottobre".               

In Kenya convivono ben 70 etnie, ma per peso economico, politico e culturale si può dire diviso principalmente nell’appartenenza a due di loro: da una parte i luo come Odinga e i kikuyo come Kenyatta. Odinga e Kenyatta: due etnie, ma anche due famiglie potenti. La competizione per la presidenza si svolgerà ancora tra loro. Nel Paese normalmente la gente convive in maniera tranquilla, afferma Besigje, ma quando si fa campagna elettorale o nel momento delle elezioni le cose cambiano, allora riappare con forza la questione del tribalismo. Molta della responsabilità va agli esponenti politici.

"Penso che questo del tribalismo sia un vero problema, spiega ancora Besigje, una sfida non solo per il Kenya ma per tutta l’Africa. Per la società, per la politica e anche per la Chiesa. Il tribalismo, l'appartenere ad una tribù o ad un'altra non è una cosa negativa in sé. È una cosa positiva, perché porta la diversità delle culture ed è questa la bellezza all’Africa, la sua diversità nella culture. Ma la politica usa questa cosa bellissima in senso negativo."

Segnali di cambiamento tuttavia,da parte del popolo kenyota, si intravedono. "Ad esempio nelle ultime elezioni, l’8 agosto, osserva Besigje, Raila Odinga  ha avuto voti nei luoghi dove è nato Uhuru; Uhuru ha avuto voti anche in zone dove l’opposizione invece era maggiore. Si vede quindi che la gente inizia a superare il passato, ad essere libera nelle proprie scelte."

Nessun continente quanto l’Africa offre al mondo tanta diversità etnica, culturale: una ricchezza finora strumentalizzata dalla sete di potere, invece che valorizzata per il bene della collettività. Il prof. Besigje insiste sul valore della diversità e sull’importanza di vedere il diverso come un elemento positivo, da cui ricevere qualcosa di buono. "Quando i popoli africani capiranno che con la violenza non si ottiene niente, allora cambieranno il loro atteggiamento, afferma, comunque penso che dovremo fare degli studi, delle ricerche per arrivare a riscoprire la bellezza di essere diversi l’uno dall’altro. Perchè per arrivare alla pace, secondo me, occorre far nascere questa nuova coscienza tra i popoli africani."               

Ascolta e scarica il podcast con l’intervista a Charles Besigje:

 

 








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