2017-09-07 21:55:00

Francesco al CELAM: servire il continente con gioia e passione


“Aparecida è un tesoro la cui scoperta è ancora incompleta”. È una delle affermazioni più incisive, tra le tante, che il Papa ha fatto nel pomeriggio, poco prima delle ore 15 in Colombia, le 22 in Italia, parlando al Comitato direttivo del Consiglio episcopale dell'America Latina, Celam, incontrato nella nunziatura apostolica a Bogotà.

Francesco riannoda il suo discorso a quanto detto quattro anni fa a Rio de Janeiro sull’ “eredità pastorale di Aparecida” e sulla necessità di “imparare dal suo metodo, basato essenzialmente sulla partecipazione delle Chiese locali”, che si “prolunga – dice – nella missione continentale”. Missione, osservava allora, che non vuole essere “la somma di iniziative programmatiche che riempiono le agende e disperdono energie preziose, bensì lo sforzo per porre la missione di Gesù nel cuore della Chiesa stessa”. Questo sforzo, sosteneva Francesco, deve diventare “il criterio per misurare l’efficacia delle strutture”, la “fecondità dei ministri” e in ultima analisi la loro “gioia”, perché, dice, “senza gioia non si attira nessuno”.

Nel ricordare ancora quanto affermato a Rio, il Papa sottolinea le tentazioni stigmatizzate all’epoca – “ideologizzazione del messaggio evangelico”, “funzionalismo ecclesiale”, “clericalismo” – e una diffusa incapacità di parlare al cuore dell’uomo. Dio, asserisce, quando parla all’uomo in Gesù non lo fa “con una convocazione impersonale alla maniera di un notaio” ma “con la voce inconfondibile di un Padre che si rivolge a un figlio”. Dunque, prosegue, non si può “ridurre il Vangelo a un programma a servizio di uno gnosticismo di moda” o a una “visione della Chiesa come burocrazia che si autopromuove”. Francesco insisteva, e insiste, sul “discepolato missionario”, quel “permanente uscire” con Gesù verso i fratelli usando gli “strumenti” di Cristo, “vicinanza e incontro”.

Fa “più comodo”, osserva il Papa, trasformare il patrimonio di fede della Chiesa in una sorta di “monumento” da celebrare a scadenza – “50 anni di Medellín, 20 di Ecclesia in America”, "10 di Aparecida”. Invece, si deve “custodire e far scorrere” questa ricchezza e rinsaldare il rapporto con Dio per “ritrovare il cuore della missione dell’America Latina”, il cui “imperativo” è “ritrovare l’unità”. Andare oggi in missione nel continente, insiste il Papa, è vincere la tentazione del “bizantinismo dei dottori della legge” e andare verso la gente come Gesù che “mentre cammina incontra; quando incontra, si avvicina; quando si avvicina, parla; quando parla, tocca col suo potere; quanto tocca, cura e salva”. La missione, afferma, “si realizza sempre in un corpo a corpo”.

Francesco sottolinea la “dispersione” che disgrega oggi il continente e mette in guardia la Chiesa dal non stare in America Latina “come se avesse le valigie in mano, pronta a partire dopo averla saccheggiata”, come hanno fatto in tanti lungo il tempo che hanno “disprezzato il suo volto meticcio” e colonizzato la sua anima con “formule fallite e riciclate” pensando solamente ad arricchirsi. La Chiesa invece rispetta il “multiforme volto del continente”, che considera “non uno svantaggio ma una ricchezza”, e conosce quello che il Papa chiama “substrato morale” del cuore latinoamericano, quel modo tutto particolare di vivere la religiosità, di avere il “senso di Dio”. Per parlare “all’anima profonda” dell’America Latina bisogna – afferma Francesco – fare come Gesù e trovare “immagini che coinvolgono e rendono partecipi”, moltiplicando le forze.

Nel rispondere a quanti lamentano un “deficit di speranza” in America Latina”, il Papa chiede al Celam di “vigilare sulla concretizzazione della speranza” in terre e fra popoli che, nonostante tutto, non sono stati piegati da nessuna delusione. Per questo, anche se statistiche e notizie ritraggono i giovani “assopiti” o persi tra droga e violenza, Francesco esorta a non lasciarsi “catturare da simili caricature” del mondo giovanile ma a investire tempo e risorse in “programmi educativi incisivi e obiettivi” che aprano loro “spazi concreti” in quell’“istmo” del cuore in cui, dice il Papa, c’è una strada che li porta a Dio. Alle donne latinoamericane Francesco riserva parole di grande ammirazione. Le definisce "artigiane del bene”, che “accendono e riaccendono la fiamma della fede”, custodiscono “l’anima meticcia” e non meritano quindi di “essere ridotte – dice Francesco al Celam – a schiave del nostro recalcitrante clericalismo”. Loro sono “protagoniste nella Chiesa latinoamericana”.

Nel clericalismo il Papa individua anche la causa che “rende infantili” i laici del continente. Anche se “alcuni passi sono stati fatti”, i laici – evidenzia Francesco – le grandi sfide del continente “continuano ad attendere l’attuazione serena, responsabile, competente, lungimirante, articolata, consapevole di un laicato cristiano" capace di incidere nella politica, per contribuire alla prosperità, alla giustizia, alla pace nei rispettivi Paesi. Per Francesco, “la Speranza in America Latina passa attraverso il cuore, la mente, le braccia dei laici”. Quella speranza che non guarda l’uomo con lo sguardo appannato della “ricchezza autosufficiente”, ma con gli occhi della “semplicità cristiana” che “si nasconde ai potenti e si mostra agli umili”.

La sintesi che Papa Francesco lascia al Celam è condensata in una frase che è una direttiva pastorale: “Se vogliamo servire, come Celam, la nostra America Latina, dobbiamo farlo con passione. E ricorda l’esempio di San Toribio di Mogrovejo, che trascorse 18 dei suoi 24 anni da vescovo “nei paesi della sua diocesi”.








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