2017-09-08 07:20:00

Colombia: padre Ramírez, sacerdote pronto a morire per la gente


Una lunga e affollata processione ha accompagnato a La Plata la traslazione delle reliquie di padre Pedro María Ramírez Ramos, noto come “il martire di Armero”, dal cimitero alla chiesa di San Sebastián, per poi essere trasferite a Villavicencio, dove oggi il sacerdote sarà beatificato, assieme al vescovo di Arauca, mons. Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, da Papa Francesco. Padre Ramírez nacque nel 1899 a La Plata e venne ordinato sacerdote nel 1931. Lo scorso 7 luglio, il Pontefice ha approvato il decreto con cui veniva riconosciuto il martirio del sacerdote, ucciso nel corso delle violenze tra liberali e conservatori scoppiate nel 1948 a Bogotá e poi giunte fino ad Armero. Il postulatore della causa di Beatificazione di padre Ramírez, il padre trinitario Antonio Doménico Sáez Albéniz, ne traccia la figura nell’intervista della nostra inviata in Colombia, Giada Aquilino:

R. – Era un sacerdote, un uomo molto fedele, un poco esigente, soprattutto nelle questioni morali delle persone, e poi un uomo di preghiera, molto eucaristico. Quando stava per essere condotto al martirio, ha preso un foglio di carta e ha scritto una specie di testamento. La prima cosa che ha scritto in questo testamento è stata un ringraziamento al vescovo per averlo fatto sacerdote. Poi ha ringraziato la Chiesa, perché lo ha ricevuto come tale. E finiva dicendo che era pronto a dare il sangue per la sua gente.

D. – Perché fu ucciso e perché è martire?

R. – Il martire è sempre una vittima che muore a causa della fede o della giustizia ed è ucciso per esse. Ma Armero era già conosciuto come un paese poco religioso; c’erano diverse sette protestanti molto attive, c’erano i comunisti, tanto che ci sono stati sacerdoti inviati lì che non hanno resistito e sono andati via. Invece lui si è offerto: “Io potrei andare ad Armero”, disse. Quando poi nel 1948 sono scoppiate le violenze a Bogotá, ad Armero la rivolta è stata grandissima e subito hanno accusato il prete di essere la causa di tutto. Hanno cominciato a perseguitarlo e a gridare contro di lui, tanto che alcune donne del paese gli dissero: “Nasconditi, perché sei in pericolo”. Lui rispose: “Mi sono consultato con il mio Signore e Lui - ‘amito’, che è una parola molto dolce, molto fiduciosa, per il Signore e padrone - mi ha detto di restare qui. E io resto”. E allora è restato, sempre disposto a dare tutto per quel luogo, per quel paese, per quel popolo. Quando sono venuti per portarlo via, gli hanno messo le corde alle mani, lo hanno trascinato a spintoni verso la piazza pubblica, lo hanno insultato e, quando sono arrivati, lui ha perdonato quelli che lo stavano uccidendo.

D. – Quale messaggio lancia oggi alla popolazione colombiana e in generale alla Chiesa?

R. – Il messaggio della fedeltà, di essere uno che è quello che dice di essere, nella verità, con la consapevolezza profonda del suo essere sacerdote.

D. – Lei è in contatto con i parenti di padre Ramírez. Cosa le hanno detto? Quanto è importante che sia il Papa a beatificare padre Ramírez?

R. – Quando io ho detto loro che era stato ammesso alla Beatificazione, è stata un’esplosione di gioia, di ringraziamento. E quando poi ho detto loro che sarebbe stato il Papa a beatificarlo, si sono rallegrati maggiormente. Che sia il Papa a presiedere la Beatificazione del loro parente è una benedizione in più.








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