2017-09-11 09:00:00

Mons. Semeraro: lavoro del C9 per la riforma quasi concluso


di Alessandro Gisotti

Al via oggi in Vaticano la 21.ma Riunione del Consiglio dei Cardinali Consiglieri, che si concluderà il 13 settembre prossimo. L’organismo - istituito da Papa Francesco il 28 settembre 2013 - ha, come è noto, il compito di aiutare il Santo Padre nel governo della Chiesa universale e di studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica Pastor bonus sulla Curia Romana. Sull’attività di questo organismo, sul modo in cui il Papa vi partecipa e sui prossimi passi della riforma, abbiamo intervistato il vescovo di Albano, mons. Marcello Semeraro, segretario del Consiglio dei Cardinali:

R. – Il Papa di per sé non si sente propriamente un “riformatore”… se il Papa ha avviato questo lavoro di riforma della Curia lo ha fatto sotto la spinta di suggerimenti che sono emersi soprattutto nelle riunioni prima del Conclave. Noi vediamo che egli ha scelto, almeno all’inizio, i componenti del Consiglio di Cardinali tra cardinali che sono a capo di diocesi, capi di Chiese locali distribuiti nei diversi continenti. C’è questa duplice istanza: dell’ascolto di voci delle Chiese per procedere anche nella riforma della Curia romana.

D. – Come descriverebbe il metodo di lavoro del C9? Quali sono i tratti che, secondo lei, lo contraddistinguono?

R. – Il metodo di lavoro, io lo esprimerei attraverso alcuni verbi. Anzitutto, il Consiglio di Cardinali ha ascoltato e ascolta. Tutto è iniziato nell’ottobre 2013 con le relazioni sui diversi contributi che sono giunti dagli episcopati, dai dicasteri della Curia romana e anche da molte persone che hanno scritto, hanno mandato dei contributi. Secondo verbo, il Consiglio avendo ascoltato, riflette. Riflette sulle proposte e anche su come procedere; fa anche delle verifiche. Ascoltare, riflettere, verificare. E quindi, poi fare una proposta – proporre – al Papa, perché il Consiglio di Cardinali non delibera; il Consiglio di Cardinali propone al Papa.

D. – Si può definire, in fondo, anche il Consiglio di Cardinali, il cosiddetto “C9”, un momento di quella sinodalità che sta tanto a cuore a Papa Francesco?

R. – Il Papa ha scelto come membri di questo Consiglio dei vescovi, li ha scelti perché siano in qualche maniera delle antenne sensibili che possano in qualche maniera captare le istanze delle Chiese locali ad ampio raggio. Il Consiglio di Cardinali è una struttura sinodale. Ora, essendo composto da vescovi, è un organismo che comunque si colloca all’interno della collegialità episcopale. E, d’altra parte, opera non soltanto in aiuto al Papa ma opera anche al servizio delle Chiese particolari.

D. – Il Papa interviene attivamente nei lavori, nelle discussioni sui vari temi? Qual è il suo approccio rispetto ai lavori del C9?

R. – Il Papa è presente abitualmente ed è presente anzitutto ascoltando. Interviene quando magari è il caso di riprendere esperienze sue personali di quando era arcivescovo a Buenos Aires o delle situazioni attuali nella vita della Chiesa. Oltretutto, il Consiglio di Cardinali non è costituito, come dicevo, solo per la riforma della Curia; la finalità principale, quando sarà conclusa questa fase di riforma della Curia romana, rimarrà il compito primario per il quale il Consiglio è stato istituito, cioè quello di collaborare o di esprimere dei consigli, dei pareri, al Papa in quelle circostanze in cui egli ritenga importante fare questa consultazione. Per esempio, è noto che molto spesso il Consiglio di Cardinali abbia portato attenzione a quella realtà molto dolorosa che è l’abuso sui minori. Questo, di per sé, non fa parte della riforma della Curia romana; eppure, il Papa ha ritenuto di ascoltare il Consiglio anche su questi passaggi. E allora, quando è il caso di precisare o di intervenire, il Papa interviene, ma con molta discrezione. Egli prevalentemente ascolta.

D. – Dopo così tante riunioni, c’è anche un clima di familiarità?

R. – Sì, è ovvio che ormai l’ambiente anche psicologico è molto familiare; c’è senz’altro un clima di familiarità. Il mio compito di segretario è anche quello di tenere un po’ le fila della corrispondenza tra di loro nelle intersessioni. Il clima è sempre molto familiare, sereno; si fanno le pause per prendere un caffè, si dice anche qualche battuta, si sorride di qualche notizia, di qualche cosa, con molta familiarità: come si fa in un gruppo sì, di persone molto responsabili, ma anche in un contesto molto fraterno.

D. – Molti si chiedono a che punto sia la riforma …

R. – Direi che per ciò che riguarda il processo di riforma della Curia romana, il percorso è anche oltre i tre quarti: si sta per completare. Si sta per completare a livello di proposta fatta al Papa. Sappiamo che egli ha reso noto molto presto alcuni accorpamenti di Pontifici Consigli: diremmo che su laici, famiglia e vita c’è una sorta di omogeneità e consequenzialità tematica; il Dicastero per la promozione dello sviluppo umano integrale, anche questo non si accontenta di riprendere precedenti strutture, ma attua unitariamente il progetto del documento conciliare “Gaudium et Spes”; di grande rilevanza è anche un altro Dicastero, la Segreteria per la Comunicazione, che assorbe delle funzioni certamente prioritariamente pastorali, quelle che diremmo fanno capo a quello che in precedenza era il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali. Ma insieme con questo compito pastorale di orientamento, la Segreteria per la Comunicazione ha anche una enorme responsabilità amministrativa per il suo spessore; ma anche per la importanza del tema della comunicazione è un Dicastero centrale nel progetto di riforma della Curia.

D. – Quindi, il cammino si avvia a conclusione?

R. - Al momento, tre quarti del cammino sono stati già compiuti: io penso che tra qualche mese questa revisione sarà più o meno completata, poi il Papa avrà a disposizione le proposte che riguardano tutti i Dicasteri e spetterà a lui decidere come e quando attuarle; al momento il Papa ha preferito un’attuazione graduale, facendo anche in qualche maniera una sorta di rodaggio. In qualche caso il Papa è già intervenuto per fare delle correzioni, perché nel passaggio dalla teoria alla pratica sono emerse esigenze di correzione. Francesco sta seguendo al momento il progetto di un’attuazione graduale.

Ascolta e scarica il podcast dell'intervista a mons. Semeraro:








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