2017-09-12 19:03:00

Mons. Viganò: stare insieme sia luogo di manifestazione amore di Dio


Il nostro “stare insieme” diventi “luogo di manifestazione dell’amore di Dio”. Così questa sera mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, nell’omelia alla Messa in occasione del corso di formazione dal titolo: "Il dono dell'amministrazione: servizio per il bene comune".

“L’esercizio virtuoso di stare insieme con gli altri, nei propri limiti e in quelli altrui, facendoli diventare luogo di fraternità e di condivisione, può tenere insieme una coppia, una famiglia, un gruppo di lavoro, una città, uno stato, il mondo intero”, prosegue mons. Viganò.  E’ Dio, infatti, a “tenerci uniti con la sua misericordia e con la sua infinita tenerezza”. Lo ricorda Papa Francesco nella Lettera Apostolica, Misericordia et misera: “Sono amato, dunque esisto; sono perdonato, quindi rinasco a vita nuova; sono stato ‘misericordiato’, quindi divento strumento di misericordia”.

La riflessione di mons. Viganò parte dalla Prima Lettura, tratta dalla lettera ai Colossesi. Seguire il Signore, dice, “non è questione dello slancio entusiasta di un giorno, né di particolari e occasionali eroismi”, ma di una adesione che quotidianamente “ci impegna a risponderGli”. Non a caso San Paolo usa il verbo camminare. La fede cristiana, infatti, “non è per i sedentari, per coloro che attendono comodamente in poltrona” ma per chi è disposto a uscire per incontrare, “anche se questo conduce nelle scomode periferie dell’esistenza dei nostri fratelli e sorelle”.

E’ lo stesso Papa Francesco ad esortare a camminare non di malavoglia ma trasmettendo con gli occhi la gioia della fede. E come la preghiera sta all’origine di ogni scelta di Gesù, come quella dei suoi più stretti collaboratori a cui affidare la missione di annunciare il Vangelo, “dovrebbe essere lo stesso per la Chiesa come anche per ciascuno di noi”, prosegue. 

Nel Vangelo si parla, poi, della moltitudine che va da Gesù per ascoltarlo ed essere guarita. “C’è – evidenzia il prefetto della Segreteria per la comunicazione -  una stretta connessione tra l’ascolto della parola di Dio e la guarigione, come tra la disobbedienza alla parola di Dio e la morte”. L’invito è ad interrogarsi “seriamente sul nostro rapporto con la Parola di Dio”, su “come la facciamo entrare nella nostra vita e la rendiamo criterio di discernimento e di giudizio nelle scelte personali, nella vita di famiglia, nelle relazioni con gli altri, nel lavoro”.

E’ necessaria, quindi, umiltà per comprendere che “testimoniare la fede come incontro con una Persona e non con una ideologia”, significa affrontare le inevitabili sconfitte, la delusione dovuta alla nostra fragilità, ma nel contempo “sperimentare la grazia del Signore”.  Per questo abbiamo bisogno di tornare quotidianamente alla Parola, perché “viviamo della parola che sentiamo”.

La parola  - ricorda - ha il potere di creare o di distruggere, di dar la vita o la morte, a seconda se è parola di verità o di menzogna, di amore o di odio, di servizio o di potere”. E ciascuno ha la “responsabilità della scelta di quale parola vogliamo essere testimoni”, perché, come dice Papa Francesco, “è meglio procedere zoppicando, talvolta cadendo ma confidando sempre nella misericordia di Dio, che essere dei ‘cristiani da museo’, che temono i cambiamenti e che, ricevuto un carisma o una vocazione, invece di porsi al servizio dell’eterna novità del Vangelo, difendono sé stessi e i propri ruoli”. 








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