2017-09-23 08:30:00

Commento di don Sanfilippo al Vangelo della XXV Domenica T.O.


Nella 25.ma Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci presenta il Vangelo (Mt 20,1-16) in cui Gesù racconta la parabola dei lavoratori della vigna

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Su questo brano evangelico, la breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo, presbitero della diocesi di Roma:

Noi siamo la vigna di cui Dio si prende cura, e a nostra volta, come battezzati, riceviamo da Lui una vigna da proteggere e nella quale lavorare, ovvero, persone la cui salvezza eterna dipende dalla nostra sollecitudine pastorale. Tale importante consegna può avvenire a qualunque età, e consiste, anzitutto, nella testimonianza di una vita in cui traspare la vittoria di Cristo sulla morte, attraverso il perdono reciproco, l’allegria, l’amore vicendevole e l’obbedienza al Padre. Dio ci circonda, poco a poco, di una corona di fratelli e sorelle la cui fede si alimenta della nostra fede, per essi ci chiede di “perdere la vita” amandoli così come sono, come Cristo ha amato noi quand’eravamo suoi nemici. Questa preziosa missione è personale, ma anche di ogni famiglia e di ogni comunità cristiana. In questi mesi estivi, è stata vissuta, in modo veramente singolare, da circa dodicimila ragazzi e ragazze, seminaristi e presbiteri inviati in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo, due a due, per una settimana, vivendo senza soldi, né alloggio, né cellulare, con i soli vestiti che indossavano, dormendo spesso all’aperto. Hanno offerto a Cristo di stare all’ultimo posto, accettando scomodità e rifiuto, per la salvezza di chi, non riconoscendoli, non li ha accolti. Cosa non fa il Signore, anche oggi, per raggiungere ogni uomo col suo amore.

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