2017-09-23 08:29:00

Mons. Galantino: non si separi l’annuncio dalla testimonianza


Il Kerygma (annuncio della Parola) “porta a compromettersi con la storia, la nostra storia fatta di grandi slanci e conquiste, ma anche di mortificanti sconfitte”. E’ quanto ha affermato ieri il segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), mons. Nunzio Galantino, concludendo a Campobasso la IX Convocazione ecclesiale diocesana con un intervento incentrato sul tema dell’annuncio evangelico nella società contemporanea e intitolato ”Kérigma e Chiesa italiana, oggi”.

Il Papa – ha affermato mons. Galantino - parla di vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna”. “Sappiamo tutti – ha aggiunto - come non sempre e non da parte di tutti è pacifico l’esercizio di queste disposizioni”. “Eppure, senza vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna, il Kerygma - ha detto il presule - resta parola astratta, lontana dalla vita e incapace di dare speranza e infondere passione per la vita”.

Il segretario generale della Cei ha poi ricordato che il Kerygma “trova radicamento nella celebrazione dei Sacramenti e si esprime concretamente nella Diakonia, cioè nel servizio della carità”. “Penso rivesta una forte valenza – ha detto mons. Galantino - l’aver sottolineato da parte del Papa il carattere di annuncio principale riconosciuto al Kerygma, cioè all’annunzio che il Signore ci ama, cammina con noi, sostiene i nostri progetti di uomini e donne in cammino”. “È importante – ha affermato - che il Papa lo abbia fatto e continui a farlo in un momento in cui troppa gente, anche tra noi, continua di fatto a tenere separati l’Annunzio, la Testimonianza, la Celebrazione dei Divini Misteri e il Servizio della carità”.

A chi – ha chiesto mons. Galantino - va annunziato il Kerygma? “Per essere evangelizzatori autentici – ha sottolineato il presule ricordando quanto scritto Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium - occorre sviluppare il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente, fino al punto di scoprire che ciò diventa fonte di una gioia superiore. La missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo”.

Il segretario generale della Cei ha infine indicato una necessità: quella “di passare da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria, che rimetta al centro l’annunzio e la testimonianza del Kerygma”. “È una proposta esigente – ha concluso - che domanda quella fiducia del cuore e della mente che impedisce di lasciarsi prendere da un “pessimismo sterile”.








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