2017-10-03 11:21:00

Chiesa Camerun: sulla secessione delle regioni anglofone invito al dialogo


E' sempre alta la tensione in Camerun dove i separatisti delle regioni anglofone del Paese, domenica scorsa hanno dichiarato simbolicamente l’indipendenza. Gli scontri con i mille agenti delle forze di sicurezza nel sud-ovest e nel nord-ovest del Paese, dove il governo ha decretato il coprifuoco, hanno causato 17 morti.

Alla vigilia dell'evento, la Commissione episcopale “Giustizia e Pace” ha pubblicato un comunicato nel quale si esprime l’indignazione della Chiesa “per la persistenza della crisi anglofona e rinnova l’appello della Chiesa “a tutti i protagonisti della crisi, a cercare la pace attraverso il dialogo alla luce della verità”.

Sulla vicenda Olivier Bonnel ha intervistato il presidente dei vescovi del Camerun mons. Samuel Kléda, arcivescovo di Douala, la capitale economica del Paese:

R. - Vorrei ricordare che lo scorso aprile la Conferenza episcopale ha indirizzato una lettera a tutti i camerunesi. In questa lettera abbiamo espresso chiaramente la nostra opposizione: la Chiesa del Camerun è prima di tutto per il dialogo, perché le parti ritornino a dialogare. La violenza non risolve nessun problema. Ci siamo rivolti anche alle istituzioni perché c’è quella che chiamiamo la “decentralizzazione del potere”: dare una maggiore autonomia alle regioni è nella nostra Costituzione e questo non è mai stato applicato. Abbiamo chiesto che la decentralizzazione sia applicata nella sua interezza. Da allora, abbiamo continuato a chiedere ai nostri fedeli di pregare per evitare che il Camerun entri in una situazione di conflitto. Fino ad oggi abbiamo vissuto in pace e preghiamo per questo. Ma vogliamo che i problemi di ordine sociale siano risolti, che la giustizia sia applicata per tutti.

D. – Secondo lei come mai questa decentralizzazione non è mai stata applicata in Camerun?

R. - La domanda può essere rivolta ai politici: è il testo della legge! Il governo ha cercato di fare qualcosa da qualche parte ma questa decentralizzazione non è mai stata applicata in maniera completa affinché le regioni abbiano un po’ più di autonomia.

D. - Le regioni anglofone del Camerun si sono spesso considerate come delle “seconde zone”. Lei la comprende oggi questa rivendicazione?

R. – C’erano inizialmente due ambiti. C’era quello dell’educazione, e cioè che il loro ordine di insegnamento, tutto quello che hanno fatto nel sistema anglofono, sia rispettato; e questo è assolutamente legittimo. Per quanto riguarda la giustizia è lo stesso. Adesso, è un po’ più difficile: se vogliono separarsi, proclamare un loro Stato, questo è più difficile... Credo che quasi tutti i camerunensi non siano a favore di questa separazione.

D. - Bisogna temere altre tensioni in futuro?

R. – Se realmente, adesso, si considerano come uno Stato, come si diceva, e vogliono proclamare la loro indipendenza, allora il Camerun non è più un Paese unito. Credo che questo sia il timore di tutti i camerunensi. Se questo dovesse accadere, poi cosa succederebbe in futuro?

D. - Secondo lei, le rivendicazioni delle province anglofone non corrispondono a ciò che vuole il popolo camerunense?

R. – No, solo su alcuni punti … Sulla separazione credo che molti camerunesi non siano d’accordo. Oggi, vorremmo piuttosto lo sviluppo del nostro Paese, che tutti ci mettiamo insieme per sviluppare il nostro Paese e camminare insieme. Questo è quello che facciamo a livello della Conferenza episcopale.  La tensione è permanente. Se dovessimo ancora far fronte ad altri conflitti, questo rischierebbe di destabilizzare il nostro Paese.

 








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