2017-10-05 08:19:00

In Niger Chiesa minoritaria ma riconosciuta nel Paese


Nonostante rappresenti poco più dell’1% della popolazione del Niger, nella quasi totalità musulmana, la Chiesa del Paese è “ben radicata” ed è “riconosciuta” grazie alle sue opere sociali nel campo educativo, sanitario e per la promozione della donna. È quanto afferma all’agenzia cattolica svizzera cath.ch mons. Djalwana Laurent Lompo, arcivescovo della capitale Niamey.

I violenti attacchi contro le chiese cristiane avvenuti nel gennaio 2015 dopo la pubblicazione delle vignette di Maometto sulla rivista satirica francese Charlie Hebdo – spiega il presule – non hanno indebolito la comunità cattolica nel Paese.  “Non abbiamo accusato i musulmani e abbiamo perdonato, proseguendo le nostre opere perché il Vangelo continui ad essere annunciato”. Le chiese distrutte dagli attacchi del 2015 – racconta mons. Losono - state tutte ricostruite, anche grazie all’aiuto delle altre Chiese cristiane, e   “continuiamo ad esprimere la nostra fede senza paura ai musulmani”.

La Chiesa nigerina è molto attiva, attraverso la Caritas locale, nelle opere caritative a sostegno della popolazione, come è accaduto dopo le recenti alluvioni che hanno colpito il Paese. Un particolare impegno viene dedicato alla promozione della donna. ”In un Paese musulmano – spiega – la maggior parte delle donne non possono fare sentire la propria voce”.

In una fase storica in cui cresce la minaccia del fanatismo religioso anche in Niger, aggiunge l’arcivescovo di Niamey, per la Chiesa locale è fondamentale l’impegno per il dialogo interreligioso. “Lavoriamo insieme ai leader di opinione e ai giovani per trovare un terreno di intesa e combattere uniti l’estremismo religioso”.

Un’ altra problematica all’attenzione dei vescovi del Niger è poi l’emigrazione che attira molti giovani nigerini in cerca di un futuro migliore in Europa. L’obiettivo delle iniziative promosse dalla Chiesa locale in collaborazione con le istituzioni statali è di creare le  condizioni perché i giovani, che rappresentano la metà della popolazione, possano trovare un lavoro nel loro Paese anziché mettersi in mare rischiando la vita. (A cura di Lisa Zengarini)








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