di Gabriella Ceraso
Per il secondo giorno consecutivo la Liturgia ci fa riflettere sul Libro di Giona e sulla misericordia di Dio che apre i nostri cuori e vince su tutto. E' questa la lettura che ne dà il Papa riassumendo nell'odierna omelia l'intera storia del profeta, un "testardo che vuole insegnare a Dio come si devono fare le cose". L'ultimo capitolo sarà narrato nella celebrazione di domani, ma la vicenda la conosciamo. Il Signore chiede a Giona di convertire la città di Ninive: la prima volta il profeta scappa rifiutandosi di farlo; la seconda volta lo fa e ci "riesce bene", ma comunque, osserva Francesco, rimane "sdegnato", "arrabbiato" davanti al perdono che il Signore concede alla popolazione che col cuore aperto si è mostrata pentita. Giona era un "testardo", dice Francesco, "ma più di testardo era un rigido", "malato di rigidità", aveva "l'anima inamidata":
E quello che dimenticano i testardi, soggiunge Francesco, è proprio che "la onnipotenza di Dio si fa vedere, si manifesta soprattutto nella sua misericordia e nel perdono".
Dio, torna a ripetere il Papa con riferimento alla storia di Giona, avrebbe potuto abbandonare il profeta alla sua testardaggine e alla sua rigidità, invece è andato a parlargli e a convincerlo, lo ha salvato come ha fatto con la gente di Ninive: è "il Dio della pazienza, è il Dio che sa accarezzare, che sa allargare i cuori".
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