2017-10-11 14:51:00

Shevchuk: dal Papa esortazione a rispondere al diavolo con preghiera


di Giada Aquilino

La Congregazione per le Chiese Orientali e la Radio Vaticana, con le sezioni polacca, ucraina e slovacca, hanno vinto il premio “Capitolo di riconciliazione polacco-ucraina”. Il riconoscimento, istituito nel 2001, va ogni anno a personalità o istituzioni che si siano distinte nella promozione dell’unità e della riconciliazione. Domani dopo la visita del Papa al Pontificio Istituto Orientale e la Messa nella Basilica di Santa Maria Maggiore per il centenario della Congregazione per le Chiese Orientali, la cerimonia di consegna del premio al Collegio ucraino di San Giosafat, alla presenza di Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo-maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, e del cardinale Leonardo Sandri, prefetto del dicastero vaticano.

Stamani presso la sede della Radio Vaticana, assieme ai giornalisti polacchi Marek Lehnert e Krzysztof Tomasik, Sua Beatitudine Shevchuk ha presentato il riconoscimento, che nella prima edizione fu consegnato a San Giovanni Paolo II. È stato spiegato che quest’anno la premiazione si svolge a Roma, dove 30 anni fa, nell’ottobre 1987, si tenne il primo incontro tra rappresentanti dell'episcopato polacco e del sinodo della Chiesa greco-cattolica: in quell’occasione fu proclamata la Dichiarazione di perdono e di riconciliazione polacco-ucraina.

Sua Beatitudine Shevchuk ha sottolineato l’importanza del “movimento spirituale” iniziato a Roma, per volontà di Giovanni Paolo II. Per questo, ha aggiunto, pregando stamani sulla tomba del Santo in Vaticano, Papa Wojtyła è stato proclamato “patrono” del processo di riconciliazione tra i due popoli, in un momento - ha aggiunto l’arcivescovo maggiore - in cui “abbiamo bisogno del suo aiuto per l’Europa” minacciata oggi da nuovi “egoismi nazionali”. Oltre all’attribuzione del premio - una statuetta che rappresenta due fiori di papavero e fiordaliso intrecciati, che crescono da una comune radice, a rappresentare proprio le due nazioni - Sua Beatitudine Shevchuk ha evidenziato anche lo speciale momento vissuto lunedì scorso dai patriarchi e dagli arcivescovi maggiori, ricevuti in Vaticano da Papa Francesco. Il Pontefice - ha raccontato - ha dato una “nuova interpretazione del ministero petrino”, parlando di “ministero diaconale” del successore di Pietro, e ha spiegato come anche i patriarchi, gli arcivescovi maggiori, i vescovi siano “cooperatori” nello stesso servizio di diaconia. Quindi la constatazione, da parte di Francesco, di come le Chiese rappresentate dai patriarchi e dagli arcivescovi maggiori siano realtà che “soffrono” per la guerra, in Medio Oriente come in Ucraina. La risposta a chi provoca conflitti, dolori e distruzioni - il “diavolo”, ha concluso il Papa nelle parole di Sua Beatitudine Shevchuk - dev’essere quella della preghiera e dell’annuncio della Parola di Dio.

Di seguito l’audio scaricabile e l’intervista a Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk:

R. – Questa onorificenza viene consegnata sia alle persone, sia alle istituzioni che lavorano per costruire i ponti della riconciliazione. Questo premio è stato benedetto da San Giovanni Paolo II. Praticamente, è stato come realizzare il suo “testamento spirituale” per i nostri popoli, perché lui aveva tanto a cuore la riconciliazione tra polacchi e ucraini: abbiamo vissuto infatti una storia difficile nel XX secolo, una storia di lotte e di guerre. Perciò, il Papa voleva sanare la memoria perché, avendo in vista la costruzione della futura Europa, aveva capito bene che questo continente poteva essere costruito o ricostruito soltanto sulla pace.

D. – Parliamo di questa storia che lei ha definito “difficile”: cosa è accaduto?

R. – Gli studiosi individuano due guerre tra polacchi e ucraini, nel XX secolo. Subito dopo la prima guerra mondiale, quando l’impero austro-ungarico si è sciolto, questi territori sono nati Paesi-nazione e sia i polacchi sia gli ucraini cercavano di affermare l’indipendenza nei loro territori etnici, ma soprattutto in Galizia. Poi, anche nel corso della seconda guerra mondiale c’è stato il momento in cui alcune potenze estere hanno realmente provocato conflitti, secondo l’antica massima del “divide et impera”. Così si comportavano i nazisti, ma poi anche i comunisti. Stalin ha dato il colpo di grazia, molto doloroso sia per gli ucraini sia per i polacchi, perché ha spostato la frontiera. E dopo la seconda guerra mondiale, ha compiuto una pulizia etnica sia nei riguardi di chi era rimasto nell’Unione Sovietica, sia nei riguardi di chi era rimasto nella Polonia comunista. Dunque sia il popolo ucraino, sia il popolo polacco nel corso del XX secolo hanno ricevuto profonde ferite nella loro memoria storica e Papa Giovanni Paolo II aveva riconosciuto che la riconciliazione sarebbe stata un balsamo, una medicina per sanare queste ferite, purificare la memoria e costruire un’Europa futura.

D. – Perché il premio, quest’anno, va alla Congregazione per le Chiese orientali e alla Radio Vaticana?

R. – Perché sono due istituzioni pontificie che hanno portato avanti questa idea, questo spirito di Papa Giovanni Paolo II. Quest’anno, la Congregazione per le Chiese orientali festeggia il primo centenario della sua esistenza nel servizio alla Santa Sede. Proprio la Congregazione per le Chiese orientali si è occupata non soltanto degli ucraini greco-cattolici, non soltanto ha contribuito a ristabilire le strutture della nostra Chiesa in Polonia e anche in Ucraina, ma si è anche occupata delle altre Chiese orientali cattoliche che esistevano in quei territori, come ad esempio la Chiesa cattolica armena. Quindi, questo dicastero veramente ha lavorato tanto per sanare la memoria e per promuovere questa idea della pace tra i popoli. E la Radio Vaticana è sempre stata uno strumento importantissimo per portare i messaggi di pace: il Papa, per chiamare i nostri popoli alla riconciliazione, ha fatto uso di questo strumento straordinario, ascoltato in Ucraina e in Polonia anche all’epoca sovietica.

D. – Lunedì avete incontrato il Papa. Francesco ha parlato ai patriarchi e agli arcivescovi maggiori, auspicando di assicurare buoni vescovi per le Chiese di tutto il mondo. Che altro messaggio ha lanciato il Papa nella conversazione?

R. – Secondo me, il Papa ha dato una bellissima e nuova interpretazione del ministero petrino. Lui ha parlato del ministero diaconale del Successore di Pietro. E si è messo al servizio delle Chiese orientali cattoliche. E’ uno dei modi di servire la Chiesa universale, ma anche le Chiese orientali cattoliche, assicurando buoni pastori, buoni vescovi. Il Papa ha sottolineato che proprio le Chiese orientali hanno un loro modo particolare di partecipare a questa diaconia del Successore di Pietro, perché nelle nostre Chiese sono i Sinodi che fanno l’elezione dei futuri vescovi. Per questo il Papa ha detto che noi, capi delle Chiese orientali cattoliche, possiamo condividere anche questa responsabilità. Per me, è stato molto interessante che il Papa in un certo senso ci ha detto che noi siamo cooperatori nello stesso servizio: noi, i vescovi, i sinodi, anche i capi delle Chiese cattoliche, cooperiamo nella diaconia del successore di Pietro per il popolo di Dio.

D. – C’è stato un riferimento alle crisi di oggi? Per esempio, con lei si è parlato della crisi in Ucraina?

R. – Dopo un breve saluto del Papa, tutti gli arcivescovi maggiori e i patriarchi hanno potuto esprimere al Santo Padre le loro considerazioni, farsi voce dei loro popoli. Ovviamente, anche io ho potuto parlare e trasmettere alcuni messaggi dall’Ucraina, ringraziando il Santo Padre perché è veramente un messaggero di pace. Poi, alla fine, quando il Papa ha fatto un riassunto dell’incontro, ha detto: “Mi sorprende come tutti voi, tutte le vostre Chiese in questo momento soffrano le guerre: in Medio Oriente, ma anche in Ucraina. Tutti voi siete pastori del popolo sofferente”. E poi ci ha detto: “Ma sapete chi provoca le guerre, i dolori e la distruzione? E’ il diavolo”. E quale dev’essere la nostra risposta? “La preghiera e - ha concluso - l’annuncio della Parola di Dio”.

Ascolta e scarica gli auspici del premio “Capitolo di riconciliazione polacco-ucraina” nelle parole del giornalista polacco Marek Lehnert:

 








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