2017-10-12 10:54:00

Chiesa Colombia. Congresso della riconciliazione: aprirsi al perdono


L’attuale sfida per la società colombiana è accogliere “la novità liberatrice del perdono e della riconciliazione”, partendo da “un lavoro serio con le vittime del conflitto”. Lo ha detto ieri, aprendo a Bogotá l'8° Congresso nazionale di riconciliazione, promosso dalla Chiesa colombiana, mons. Oscar Urbina Ortega, presidente della Conferenza episcopale (Cec) e arcivescovo di Villavicencio. “Non possiamo rimanere prigionieri del passato, il perdono ci aiuta a purificare la memoria, non si tratta di rimuovere il passato, ma di rileggerlo con occhi nuovi”, ha insistito mons. Urbina, che ha poi aggiunto: “È urgente promuovere la verità come forza che porta alla pace e compagna inseparabile della giustizia, e promuovere la misericordia, che si esprime nel perdono, nella riconciliazione, che ci fa camminare nella costruzione di consenso attorno ad un progetto comune di Paese”.

Il presidente della Cec ha poi parlato dell’urgenza e della necessità di alcuni cambiamenti strutturali nella società colombiana: “Questo processo deve proseguire contemporaneamente dal centro fino alle periferie e dalle periferie fino al centro. L’impegno dei leader nazionali in campo politico, economico, educativo e sociale deve andare verso la riconciliazione, avendo come orizzonte il bene di tutti. Arrivare ad una Colombia rinnovata dipende dalla maniera nella quale riusciremo ad articolare tutti i livelli della società per provocare quei cambiamenti che aiutino a superare la violenza che abbiamo vissuto”.

Mons. Urbina ha concluso che la Colombia sta vivendo “un momento chiave” in questa fase di riconciliazione, nel quale viene chiesto di “superare le divisioni” e la stigmatizzazione di quanti operano per la pace e la difesa della dignità umana.

Nel corso della prima giornata di lavori è intervenuto ieri tra gli altri anche il procuratore generale della nazione, Fernando Carrillo, che ha rivolto un appello alla giustizia e al dialogo sociale, per superare la stigmatizzazione di coloro che difendono i diritti umani, reclamano la verità, la riparazione, l’accesso alla salute, all’educazione e alla terra. In Colombia “le cifre della disuguaglianza sono scandalose – ha detto -. La mancanza di solidarietà e la marginalità continuano ad essere segni che marcano il destino di milioni di colombiani, senza giustizia sociale la pace è un’affermazione lontana.

Questo congresso è un invito della Chiesa ad avviare la riconciliazione con fede profonda, ma anche con realismo politico”. Carrillo ha invitato tutta la società a mettere da parte l’attuale polarizzazione politica: “I valori della democrazia e la riconciliazione non possono entrare in gioco”, mentre “otto milioni di vittime reclamano una nuova realtà che permetta di sanare le ferite”. La pace, ha concluso, “non si costruisce dalle scrivanie, ma dai territori”.

In una successiva tavola rotonda, mons. Juan Carlos Cárdenas Toro, vescovo ausiliare di Cali e presidente del Centro di evangelizzazione del sociale della Chiesa colombiana, Higinio Obispo, segretario generale dell’Organizzazione indigena della Colombia, e Roberto Vidal, magistrato del Tribunale di giustizia speciale, hanno parlato di spiritualità della non violenza e della cultura dell’incontro, sottolineando l’importanza dell’educazione per la pace e per la ricostruzione del tessuto sociale.

La giornata si è conclusa con la Messa presieduta dal card. Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotá e presidente del Celam. Nell’omelia il porporato, prendendo spunto dal Padre Nostro, ha invitato a considerare la preghiera come lo strumento principale per consentire un’autentica e reale riconciliazione, ed ha concluso: “Dobbiamo pregare per la riconciliazione, per costruire la pace e perché non ci sia un solo colombiano che non voglia la riconciliazione”.

Il Congresso, al quale partecipano più di 500 persone, si concluderà domani, venerdì 13 ottobre.








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