2017-10-22 12:16:00

Papa: impegnarsi nel sociale, senza contrapporre Dio e Cesare


di Alessandro Gisotti

All’Angelus, commentando il Vangelo domenicale (Mt 22,15-21), Papa Francesco ha messo l’accento sull’appartenenza degli uomini a Dio. Il Pontefice ha osservato che Gesù, interrogato dai suoi oppositori sulla liceità della tassa dell’imperatore di Roma, non cade nel tranello e “risponde con calma e approfitta della domanda maliziosa per dare un insegnamento importante”: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.

Da una parte, dunque, il Signore chiede “di restituire all’imperatore ciò che gli appartiene”. Gesù, ha detto il Papa, “dichiara che pagare la tassa non è un atto di idolatria, ma un atto dovuto all’autorità terrena; dall’altra – ed è qui che Gesù dà il colpo d’ala – richiamando il primato di Dio, chiede di rendergli quello che gli spetta in quanto Signore della vita dell’uomo e della storia”. Di qui, l’attualizzazione del Papa su questo insegnamento:

“Il riferimento all’immagine di Cesare, incisa nella moneta, dice che è giusto sentirsi a pieno titolo – con diritti e doveri – cittadini dello Stato; ma simbolicamente fa pensare all’altra immagine che è impressa in ogni uomo: l’immagine di Dio. Egli è il Signore di tutto, e noi, che siamo stati creati a sua immagine apparteniamo anzitutto a Lui”.

Gesù, ha proseguito Francesco, “ricava, dalla domanda postagli dai farisei, un interrogativo più radicale e vitale per ognuno di noi: a chi appartengo?”:

“Alla famiglia, alla città, agli amici, alla scuola, al lavoro, alla politica, allo Stato? Sì, certo. Ma prima di tutto – ci ricorda Gesù – tu appartieni a Dio. È Lui che ti ha dato tutto quello che sei e che hai. E dunque la nostra vita, giorno per giorno, possiamo e dobbiamo viverla nel ri-conoscimento di questa nostra appartenenza fondamentale e nella ri-conoscenza del cuore verso il nostro Padre, che crea ognuno di noi singolarmente, irripetibile, ma sempre secondo l’immagine del suo Figlio amato, Gesù. E’ un mistero stupendo”.

Il cristiano, ha ripreso, “è chiamato a impegnarsi concretamente nelle realtà umane e sociali senza contrapporre Dio e Cesare”. Contrapporre Dio e Cesare, ha avvertito, “sarebbe un atteggiamento fondamentalista”:

“Il cristiano è chiamato a impegnarsi concretamente nelle realtà terrene, ma illuminando le realtà terrene con la luce che viene da Dio. L’affidamento prioritario a Dio e la speranza in Lui non comportano una fuga dalla realtà, ma anzi un rendere operosamente a Dio quello che gli appartiene. È per questo che il credente guarda alla realtà futura, quella di Dio, per vivere la vita terrena in pienezza, e rispondere con coraggio alle sue sfide”.

Dopo la preghiera dell’Angelus, il Papa ha ricordato che questo sabato a Barcellona, sono stati beatificati Matteo Casals, Teofilo Casajús, Fernando Saperas e 106 compagni martiri, appartenenti alla Congregazione religiosa dei Claretiani e uccisi in odio alla fede durante la guerra civile spagnola. “Il loro eroico esempio e la loro intercessione – ha affermato – sostengano i cristiani che anche ai nostri giorni, in diverse parti del mondo, subiscono discriminazioni e persecuzioni”. Non è poi mancato un appello “per la pace nel mondo”:

“In questi giorni seguo con particolare attenzione il Kenya, che ho visitato nel 2015, e per il quale prego affinché tutto il Paese sappia affrontare le attuali difficoltà in un clima di dialogo costruttivo, avendo a cuore la ricerca del bene comune”.

Infine un saluto a tutti i pellegrini venuti da vari Paesi con un pensiero e una benedizione speciale per “la comunità peruviana di Roma”, che si è radunata in Piazza San Pietro “con la sacra Immagine del Señor de los Milagros”.

 

 








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