2017-11-03 10:14:00

Commento al Vangelo della XXXI Domenica del T.O.


Nella 31.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo di Matteo (23, 1-12) in cui Gesù ammonisce scribi e farisei e ci indica che il più grande tra noi è chiamato a servire

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filatteri e allungano le frange; amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare ‘‘rabbì’’ dalla gente.  Ma voi non fatevi chiamare ‘‘rabbì’’, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno ‘‘padre’’ sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare ‘‘maestri’’, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di Don Gianvito Sanfilippo, presbitero della diocesi di Roma:

“Chi tra voi è più grande sarà vostro servo, chi invece si esalterà sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”. Chi ha il grande compito di educare l’uomo alla fede: vescovi, presbiteri, catechisti e genitori, in primis, ma anche ogni battezzato, spesso ha un ruolo che gli viene riconosciuto pubblicamente, almeno in ambito ecclesiale. Il Vangelo odierno ci mette in guardia da una tentazione: quella di sfruttare questo status, o riconoscimento, per ottenerne onori, prestigio, primi posti nei convegni, nei pranzi o nelle assemblee, sia in diocesi come in parrocchia, negli ordini religiosi come nelle nuove realtà ecclesiali. C’è il rischio, dopo saluti, discorsi, privilegi e gloria, di non “muovere neppure un dito” e di mettere “pesanti fardelli sulle spalle altrui” quando “faticare per la carità”, per educare evangelizzando in prima persona, implica “perdere” tempo, soldi, sonno e stima. La chiamata odierna alla conversione è molto salutare per evitare la tragica conseguenza che tale tentazione comporta se assecondata. Il Signore, in un passo evangelico analogo, afferma che “chi è posto a capo della casa per dare il cibo al momento opportuno”, se trascura questo compito, rischia di essere come “diviso in due”, secondo il testo originale, cioè rischia l’ipocrisia, la tragedia di una vita doppia, danneggiando così se stesso e gli altri.

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