2017-11-13 12:37:00

Appello del card. Bo alla vigilia della visita del Papa


Dura condanna per i discorsi di incitamento all’odio, speranza in un futuro di pace e prosperità per le giovani generazioni del Myanmar e sostegno alle iniziative del governo di Aung San Suu Kyi per risolvere la crisi umanitaria e le tensioni etniche in Rakhine. È quanto esprime il card. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, in un comunicato - ripreso dall'agenzia AsiaNews - pubblicato a poche settimane della visita di Papa Francesco nel Paese, in programma dal 26 al 30 novembre prossimi.

 

Guardando, in particolare, allo Stato occidentale del Rakhine, uno dei più poveri del Paese, da tempo polveriera di settarismo, spesso teatro di conflitti religiosi tra la maggioranza buddista e la minoranza islamica dei Rohingya, l’arcivescovo di Yangon sottolinea la spiritualità del popolo birmano, affermando anche che “la religione non è la causa” del conflitto.

“Noi, come nazione – sottolinea il card. Bo - dobbiamo rivolgere la nostra attenzione ad alcune delle grandi sfide che ci riguardano: la povertà della maggioranza dei cittadini del Myanmar; la sofferenza di milioni di giovani, sfruttati dai Paesi vicini come schiavi moderni in compiti pericolosi; i conflitti irrisolti in altre aree; la minaccia mutilante delle droghe nelle aree di confine”. Il pensiero va anche ai giovani del Myanmar che “si aspettano che tutti forniamo loro un'istruzione di qualità ed opportunità di lavoro. Dobbiamo prestare ascolto alle loro grida silenziose. Non possiamo distogliere la nostra attenzione da difficoltà e problemi cronici di questa nazione da tempo sofferente”, scrive il porporato.

Di qui, l’appello a industriali, accademici, politici e professionisti affinché costruiscano un futuro che promuova la pace e la prosperità delle giovani generazioni, senza incitare all’odio che rappresenta “un fallimento nel riconoscere le persone come esseri umani”. Inoltre, il card. Bo sottolinea che “nessuna religione promuove l’odio. Come esseri umani condividiamo un destino comune. Le nostre lacrime sono le stesse, il nostro sangue è lo stesso. Tutti noi dobbiamo evitare tutti i discorsi d'odio” che “avvelenano le menti ed aiutano i mercanti di morte”, mentre “la vita è la cosa più importante”.

Come fatto in più occasioni dallo scoppio delle violenze lo scorso agosto, inoltre, il cardinale invita il popolo birmano ad intraprendere un percorso di guarigione basato sulla tolleranza e sull’unità nazionale: “Collaboriamo con il governo nella ricostruzione di questa nazione -  afferma - Un nuovo Myanmar di pace e prosperità è possibile”, esortando tutti a “fermare ogni discorso di incitamento all’odio”, perché “un nuovo Myanmar di pace e prosperità è possibile”.








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