2017-11-16 08:21:00

Appello dei vescovi statunitensi sui cambiamenti climatici


“Il dovere di cura del bene comune va oltre i nostri confini, soprattutto quando si tratta dell’aria e del clima condivisi con tutti i popoli e le creature che vivono sul pianeta”. È quanto ribadisce l’episcopato cattolico statunitense che torna a sollecitare con vigore un maggiore coinvolgimento delle istituzioni nazionali nello sforzo che la comunità internazionale sta portando avanti per contrastare i danni provocati dai cambiamenti climatici.

L’appello è contenuto in una lettera inviata al Congresso da mons. Frank J. Dewane, presidente della Commissione per la giustizia e lo sviluppo umano, e da mons. Oscar Cantù, presidente della Commissione giustizia e pace in cui si invita a sostenere anche finanziariamente l’opera condotta dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), l’organismo internazionale che guida la politica sul clima.

Esso giunge significativamente mentre è in corso in Germania, a Bonn, la Conferenza delle parti (Cop23) sul cambiamento climatico ed assume particolare rilevanza considerata la posizione assunta dal nuovo Presidente Donald Trump su questo tema. Nello specifico, la lettera si appella alla responsabilità di curare il bene comune, ricordando come il compito dell’Unfccc sia appunto quello di favorire e facilitare la cooperazione internazionale sul cambiamento climatico attraverso iniziative come la Conferenza annuale attualmente in svolgimento a Bonn. Due anni fa, viene ricordato, proprio questo tipo di conferenza ha portato all’accordo sul clima di Parigi, dal quale adesso gli Stati Uniti intendono ritirarsi. Una decisione, quella della marcia indietro, per la quale l’episcopato ha espresso in più di una occasione cocente delusione.

“Limitare il finanziamento all’Unfccc indebolirà soltanto la capacità degli Stati Uniti di dialogare in ambito internazionale utilizzando un linguaggio comune basato sulla migliore scienza disponibile”, osservano i vescovi Dewane e Cantú. Al contrario, rimarcano, “sostenendo l’Unfccc, gli Stati Uniti possono orientare l’attenzione e le risorse verso misure che aiutano tutte le persone, soprattutto i poveri, ad adattarsi agli effetti del cambiamento climatico a livello mondiale”. E in tal modo, “la nostra nazione potrà perseguire meglio l’interesse nazionale, sostenere la ricerca climatica credibile e promuovere il bene comune dentro e oltre i nostri confini”.

La lettera indirizzata ai membri del Congresso, come accennato, è solo l’ultimo degli interventi che i presuli statunitensi hanno dedicato alla questione ambientale. Circa un mese fa lo stesso mons. Dewane aveva commentato criticamente la decisione dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente di revocare il piano per l’energia pulita e il programma nazionale di riduzione delle emissioni di carbonio delle centrali elettriche americane. Il presule pur riconoscendo che il Clean Power Plan (Cpp – Piano per l’energia pulita) non è l’unico meccanismo possibile per affrontare il cambiamento climatico, ha ricordato che l’amministrazione Trump dopo “aver ritirato gli accordi di Parigi non sta proponendo un’alternativa adeguata e sta semplicemente smantellando il piano mettendo a rischio migliaia di individui soprattutto i poveri, mentre i nostri leader dovrebbero rispettare il richiamo morale del Santo Padre sull’ambiente e proporre nuove leggi".








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