2017-12-01 11:24:00

Il cristianesimo in Bangladesh: l'eredità dei sacerdoti di oggi


di Alessandro de Carolis

Un gruppo di mercanti portoghesi e, come accadeva all’epoca, piccoli “commando” di apostoli con tonache diverse e lo stesso obiettivo. È così che tra il 1599 e il 1600 il cristianesimo arriva in Bangladesh. A portarlo, stringendo la croce al seguito di chi inseguiva dei buoni traffici, sono Domenicani, Francescani, Gesuiti, Agostiniani.

Questo filo, di storia e di fede, sta dietro i giovani volti bruniti che per 16 volte si sono inginocchiati davanti al Papa. C’è il filo del primo martire – il padre gesuita Francisco Fernandez, ucciso nel 1602 – che si intreccia con la trama di una Chiesa che 200 anni dopo si può strutturare nel Vicariato Apostolico del Bengala, e diventa il tessuto che oggi ha potuto vedere diversi suoi figli inginocchiarsi ed essere consacrati per le mani del Vicario di Cristo. Il Papa si è premurato di non dare per scontata una vocazione che mai può esserlo anche se è un ponte che unisce la terra al cielo.

Alzandosi dopo aver letto l’omelia preparata, Francesco ha tenuto a ribadire che un sacerdote vive bene il suo ministero se è la sua gente a custodirlo. “Custodite i vostri sacerdoti” ha detto con calore Francesco ai 100 mila presenti alla Messa.

È un impegno antico quanto il Vangelo, ma in tante parti del mondo, specie occidentale, dimenticato e tanti, troppi sacerdoti, sono vittime di una solitudine che può uccidere anche la convinzione più forte.

Un impegno che in Bangladesh invece già solo i numeri sembrano dire sarà preso e mantenuto, perché 16 sacerdoti sono moltissimi in una realtà in cui i cattolici sono lo 0,24% della popolazione.

E se questi numeri sono il segno di una sostanza, ciò aiuterà i giovani che oggi per la prima volta hanno indossato la stola a essere il tipo di pastori preferiti da Francesco. Quelli “con l’odore delle pecore”, ma anche – come ha detto a Yangon – “con l’odore di Dio”.

 







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